UN ANIMALE DA SALVARE: LA FOCA MONACA DEL MEDITERRANEO (seconda parte)

mammiferi_marini_focamonaca2_qiwkq8w2La Foca monaca è un animale che trascorre un’esistenza per lo più solitaria, ma si può trovare talvolta anche in gruppi più o meno numerosi; è un’ottima nuotatrice, tanto che in acqua può prevalere anche su uno squalo. Essa  era un tempo molto diffusa sulle coste di  tutto il Mar Mediterraneo e dei mari adiacenti; ora invece la sua distribuzione è frammentata in numerose piccole popolazioni ed è considerata uno degli animali più rari e minacciati del mondo. Si possono rinvenire solo pochi esemplari nelle isole dello Ionio e dell’Egeo, e lungo alcuni tratti delle coste della Grecia e della Turchia occidentale; recenti avvistamenti si sono avuti nell’Adriatico settentrionale. Esistono poi due colonie nella parte sud-orientale del nord Atlantico a Cabo Blanco, al confine tra la Mauritania e il Sahara occidentale, e nelle isole Desertas -nei pressi dell’isola di Madera, a metà strada tra Canarie e le Azzorre. Questi due ultimi insediamenti sono di certo i più importanti, poichè sono gli unici che conservano la struttura di colonia, a differenza di tutti gli altri che sono piccoli gruppi costituiti in genere da meno di cinque individui.

La Foca monaca è classiciata nella “Lista Rossa” dello IUNC tra gli animali in pericolo critico di estinzione in natura: secondo recenti stime di questo pinnipede sopravviverebbe una popolazione di appena 350-400 esemplari, dei quali circa 200 nell’Egeo e nel Mar di Levante, 20-30 nel mar Ionio, 10-20 nell’Adriatico, una decina nel Mediterraneo centrale , dai 10 ai 20 nel Mediterraneo occidentale, una decina nel Mar Nero e 130 nell’oceano Atlantico. Sono numeri talmente modesti che nel recente passato è bastata un’intossicazione alimentare da plancton infetto, che aveva colpito i pesci e i molluschi dei quali le foche si nutrono, per decimare la popolazione della Mauritania, scoperta appena pochi anni fa e sopravvissuta grazie ai conflitti locali che hanno isolate queste terre, preservandole dall’irruzione di pescatori, cacciatori e malintenzionati di qualsivoglia genere.

La specie è ora tutelata dalle leggi a difesa della natura  e degli animali nella maggior parte dei paesi dove vivono superstiti colonie o esempari isolati e sono state istituite all’uopo diverse aree protette, delle quali le più importanti sono quella nelle isole Desertas e quella nelle Sporadi settentrionali in Grecia nell’ambito di un parco nazionale marino. Queste sono però piccole gocce che non basteranno da sole per impedire il rapido declino di questi bellissimi animali, soprattutto perchè la colpevole ostilità di una parte dei pescatori e l’impoverimento della variabilità genetica sono le principali minacce che mettono in pericolo la specie. Il GRUPPO FOCA MONACA del WWF, nato nel 1976 per incrementare le nostre conoscenze su questa specie rarissima e misteriosa, ha avviato un proficuo rapporto di collaborazione con l’ICRAM (istituto centrale per la ricerca scientifica applicata al mare) per la raccolta e la gestione dei dati relativi a segnalazioni e avvistamenti.

In passato la Foca monaca era presente in diverse località costiere dell’Italia sia continentale, sia insulare, sebbene non si conoscano dati scientifici antichi o recenti sulla consistenza numerica della specie. In Sicilia la presenza della foca monaca era attestata lungo le coste meridionali e occidentali, in particolare in prossimità di Acireale e di Palermo, come pure nelle isole di Pantelleria, di Lampedusa e Linosa, tanto che i nomi di molti luoghi alludono a questa specie (grotta del Bue marino, scogli el Bue marino, spiaggia delle Vacche marine, ecc.), come è dimostrato dai documenti stroici che descrivono la fauna di queste isole.

Gli ultimi avvistamenti nel Mediterraneo sembrano tuttavia mostrare segni di ripresa per la specie nei nostri mari, per quanto siano ancora da considerare insufficienti studi e programmi di conservazione. Da alcuni anni giungono segnalazioni in Italia, che riguardano la Puglia (Salento), la Calabria (Capo Rizzuto), la Sardegna (Capo Carbonara e penisola del Sinis) -si ricordi che in tempo ormai lontano la foca monaca era abbastanza frequente sulle coste orientali della Sardegna, in particolare nel golfo di Orosei-, le isole Egadi e l’arcipelago toscano. Nel 2012 alcuni esemplari di foca si sono fatti vedere pure nell’alto Adriatico, sulle coste croate (soprattutto nell’isola di Cherso) e persino nelle vicinanze di Trieste. In queste zone nel luglio 2012 si è anche verificato un episodio poco edificante: un gruppo di turisti, ben poco intelligenti, hanno molestato una foca che avevano scoperto su una spiaggia, cercando di fotografarla, nonostante l’animale fosse infastidito dalle loro inopportune insistenze (anche perchè come abbiano detto si tratta di un essere assai timido), così che è stato costretto a dileguarsi alla ricerca di un luogo più tranquillo.

Per questo è importante, specie durante la stagione turistica, un comportamento rispettoso e civile nelle aree costiere dove la foca monaca sia stata avvistata (e per dire il vero non solo in quelle! poichè gli ambienti naturali dovrebbero essere sempre visitati con il massimo rispetto e circospezione): quindi non creare disturbo nelle grotte dove questi pinnipedi trovano riparo e si riproducono, soprattutto  dove sia stata accertata la loror presenza, e non indulgere ad atteggiamenti inutilmente e stupidamente irriguardosi e chiassosi!

Gli esperti del Gruppo Foca Monaca stanno sperimentando l’impiego di moderne tecnologie (telecamere ad infrarossi, radio-sensori per registrare la presenza degli animali nelle caverne) onde mettere in atto un controllo più efficace dei siti frequentati dalle foche ed effettuare una più accurata analisi del loro comportamento riproduttivo, riducendo il disturbo arrecato dagli abituali controlli fatti con le visite degli studiosi nelle grotte. Da anni gli esperti del gruppo sono in contatto con i ricercatori greci e turchi per organizzare programmi comuni di studio e di osservazione nelle aree costiere frequentate dalla foca monaca.

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