I CONTINENTI SCOMPARSI TRA SCIENZA E MITO (terza parte)

 

Nella parte precedente della trattazione abbiamo citato alcune testimonianze recenti, del XX secolo, che potrebbero confermare, o comunque essere indizio dell’esistenza del remoto e leggendario regno himalayano di Shambala; ma si conservano pure altre testimonianze, molto più antiche, che documentano l’ncontro di europei con gli abitatori di questa terra favolosa in epoche assai anteriori, all’inizio della nostra era.

In particolare è oltremodo interessante e significativa la narrazione relativa a un viaggio in India contenuta nella “Vita di Apollonio di Tiana”, un’opera scritta da Filostrato di Lemno -altrimenti detto “l’Ateniese” agli inizi del III secolo su richiesta di Giulia Domna, moglie dell’imperatore romano Settimio Severo (che governò dal 193 al 211). Ella a tal fine aveva consegnato allo scrittore una copia del diario tenuto da Damis ( o Damide) di Ninive, il discepolo prediletto di Apollonio, -e del quale l’imperatrice si vantava discendente-, che illustrava gli eventi e i miracoli dei quali il suo maestro fu protagonista, nonchè il suo messaggio spirituale, ispirato agli insegnamenti di Pitagora, ma impregnato di un accentuato anelito di misticismo e di fratellanza universale, estesa a tutti gli esseri viventi.

Busto di Apollonio di Tiana.
Busto di Apollonio di Tiana.

Apollonio di Tiana è una singolare figura di filosofo, asceta e mistico vissuto nella seconda metà del primo secolo, che abbiamo già citato in un’altra trattazione (già pubblicata sulla prima versione dell'”Oasi di Tammuz”, ma che apparirà in futuro anche qui), quando esponemmo l’episodio, sempre tratto dalla “Vita” di Filostrato, nel quale egli liberò un suo discepolo dalle insidie di una “empusa” (le “empuse” erano vampiri femmina che succhiavano le energie vitali di giovani aitanti, dopo averli sedotti sotto le spoglie di affascinanti fanciulle). La sua persona, dai contorni semileggendari, fu ora contrapposta, ora affiancata a quella di Gesù Cristo; si ricordi come, secondo la “Historia Augusta” (cap. 29), l’imperatore Severo Alessandro, nipote di Giulia Domna, che tenne l’impero romano dal 222 al 235, quando fu ucciso in Germania da una rivolta di soldati che lo accusavano di codardia, poichè voleva usare soprattutto le armi della trattativa piuttosto che quelle della violenza-, avesse nel suo larario -il santuario domestico-, consacrato ai “benefattori dell’umanità” le immagini di Apollonio di Tiana e di Cristo, oltre a quelle di Orfeo e di Abramo, In un secondo larario egli conservava l’effigie di illustri scrittori ed eroi, quali Vrigilio, Cicerone, Platone, Achille e Alessandro Magno.

Orbene, dalla biografia di Filostrato apprendiamo che l’illuminato filosofo si trattenne per alcuni mesi in India in un paese dell’area himalayana (1), dove tra l’altro si parlava il greco, -non si dimentichi che tra la parte occidentale dell’India e l’attuale Afghanistan si ra sviluppato tra il III e il I secolo a.C. l’ellenistico regno di Battriana, nel quale si incontravano e si fondevano le culture, le tradizioni e le religioni greche, iraniche, indù e buddhistiche-, dove venne in contatto con uno stuolo di spiriti sapienti, i quali, oltre a possedere doni mistici (o “paranormali”), avevano raggiunto strabilianti traguardi scientifici.

Appena giunto in questo strano paese, posto in cima ad una collina, ad Apollonio di Tiana si fece incontro un giovane che tra le sopracciglia aveva raffigurata un’immagine splendente, simile ad una falce di Luna, e recava con sè un’ancora, “simbolo di quanto tiene insieme ogni cosa”. Il ragazzo è detto scuro di pelle, quasi nero, forse perchè di stirpe dravidica, quella dei più antichi abitatori dell’India; ma probabilmente anche per evidenziare il mistero che circondava gli abitanti del luogo. Egli comunica al filosofo che da quel momento dovrà proseguire da solo il suo cammino, poichè “Essi” hanno così disposto: pertanto i suoi discepoli lo vedono sparire dietro una cortina di nebbia che avvolge l’altura.Inoltratosi nel territorio dove risiedevano i misteriosi sapienti che egli andava cercando, questi gli mostrano degli strani oggetti , ai quali si può certamente attribuire un significato e un valore simbolico: il primo è un pozzo dal quale promana  una luce cerulea che all’ora del mezzodì “divide in due il giorno”, ma viene poi tratta verso l’alto e si trasforma in un arcobaleno ardente. Il secondo oggetto è cratere di fuoco nel quale arde una fiamma color del piombo, dalla quale non si sprigionano fumo od odore. L’uno è chiamato “pozzo della prova”, l’altro “fuoco del perdono”, il che induce a pensare che il luogo ove si trovano sia un santuario di purificazione, e che i due enigmatici oggetti siano complementari e si integrino vicendevolmente. L’acqua del pozzo appare mescolata ad una resina incolore e inodore, prodotta da una conifera che vive in quelle regioni, mentre l’oggetto che viene definito “cratere” -cioè un ampio recipiente che veniva usato per miscelare vino, acqua ed eventuali essenze, talora anche miele, durante i conviti- sembrerebbe dalla descrizione un involucro costituito dal fuoco stesso, o una sorta di conca intagliata nel carbone ardente; in esso ribolle una sostanza misteriosa che mai non trabocca e dalla quale si eleva una fiamma oscura.

Veduta di Shambhalla.
Veduta di Shambhalla.

Il pozzo della prova dovrebbe rappresentare l’elemento acqua e con esso quello che è perituro, ma contiene in sè il principio della trasmutazione in qualche cosa di immortale: infatti la resina che si trova in esso agisce come l’incenso, che a contatto col fuoco si volatilizza congiungendosi alla dimensione mistica degli immortali. Quanto al cratere del perdono, fatto esclusivamente di fuoco, in esso si uniscono la luce e l’ombra del divino, ovvero quello che di esso è manifesto (l’esterno del cratere) e quello che è invisibile e imponderabile (la fiamma purissima, ma oscura che arde senza emettere fumo nè esalare odore). Si potrebbe anche dire che i due oggetti rappresentano la materia e lo spirito (ma pure si potrebbe dire in senso aristotelico la materia e la forma, ovvero la sostanza e l’accidente); nel senso però che la prima dovrebbe essere in verità la forma inferiore, cristallizzata e densa del secondo, e che quindi si possa, e si debba, trasformarla in spirito, cioè nel suo stato originario e superiore.

Più avanti assistiamo poi al convito che Iarca -così si chiama il capo dei sapienti- offre al re di una città vicina. In effetti questo episodio sembra in contraddizione con quanto è stato detto in precedenza, e che cioè la sede degli eletti fosse invisibile e preclusa a tutti coloro che non fossero da essi ritenuti degni per la nobiltà del loro spirito e la purezza delle intenzioni di accedervi. Ma probabilmente l’episodio è introdotto per l’insegnamento che contiene e che vuole illustrare.

Il re arriva insieme con la sua numerosa corte, preceduto da un grande clamore, in palese contrasto con il “silenzio” di pitagorica memoria che contraddistingue il luogo abitato dai saggi; un altro significativo contrasto si osserva tra l’abbigliamento del re, fastoso, decorato con monili e tempestato di pietre preziose, e quello modesto di Iarca e degli altri menbri della sua comunità: sono differenze che intendono sottolineare l’antitesi tra la dimensione sacra e quella profana, tra ricchezza materiale e ricchezza spirituale.

Vengono poi portarti quattro tripodi, due colmi di vino e due di acqua, rispettivamente fredda e calda; il tripode è di certo un richiamo al santuario di Delfi, e quindi alla missione profetica e catartica di Apollo. L’acqua, come si spiegato sopra, potrebbe essere immagine del mondo delle cose periture e materiali; quella fredda potrebbe significare la morte, quella calda la nascita (o la rinascita -o la “palingenesi”, per usare un termine pitagorico-). Comunque dovrebbero alludere a due eventi che delimitano l’esistenza umana e riferirsi forse anche alle due porte, dei mortali e degli immortali.  Quanto agli altri due tripodi, colmi di vino che dovrà essere diluito con le acque sopraddette, è possibile che rappresenti la divinità che si manifesta in tutte le cose. Il simbolismo dell’acqua e del vino ha un’amplissima  diffusione e molteplici significati ma è sempre legato in qualche modo alla manifestazione e alla percezione della divinità -si ricordi come anche il famoso miracolo delle “nozze di Cana” (Giov., 2,1-11) esprima l’irrompere del divino e la trasmutazione della vita materiale o terrena nella dimensione superiore e spirituale-. Per quanto riguarda i 4 coppieri di bronzo che compiono queste operazioni, -quasi dei robot-, essi rimandano senza dubbio ad Efesto, il dio artefice e costruttore -che secondo la mitologia aveva creato numerosi automi-, e che nel simbolismo adottato da Giamblico rende visibili le ragioni invisibili, e che per il neoplatonico Sallustio, insieme a Zeus e a Poseidone, è una delle tre divinità che elargiscono la vita al mondo.

Ma il culmine degli eventi o si raggiunge nel momento del commiato: Iarca offre al re venuto a fargli visita e a tutti i presenti, una misteriosa coppa, chiamata “coppa di Tantalo”, il cui contenuto non si esaurisce giammai. Per i 7 sapienti, Tantalo personificava un benefattore dell’umanità  -nonostante dal mito gli fossero attribuite gravi colpe-, che con il proprio sacrificio tenta di affrancare gli umani dalla penosa ipoteca della morte, e per tale ragione può essere accomunato o assimilato a Prometeo. Secondo Iarca, in lui dobbiamo vedere colui che ruba agli dei per donare agli uomini quello che rende immortali (e quindi simili ad essi).

Il dio Shiva in meditazione.
Il dio Shiva in meditazione.

Questo è il motivo pr il quale egli è condannato a rimanere nel Tartaro legato ad un albero carico di frutti, che però ogni qual volta tenterà di coglierli, si allontaneranno inesorabilmente dalla sua mano; ed immerso in uno sepcchio d’acqua che però si ritirerà quando chinandosi verso di esso cercherà di dissetarsi.

Nel corso del XIX secolo Helena P. Blavatsky, fondatrice della Siocietà Teosofica, parlò nelle sue opere del mito di Shambala, dando ad esso ampia diffusione tra gli europei affascinati dall’occulto. Tuttavia Madame Blavatsky, che dichiarava di essere in contatto con una “Grande Loggia Bianca” di adepti himalayani, menziona Shambala senza dare ad essa un’enfasi particolare: per lei questa impenetrabile nazione arroccata sulle montagne tra India e Tibet è un luogo fisico della nostra terra, sebbene possa essere raggiunta esclusivamente da degni aspiranti alla perfezione spirituale. Più tardi altri scrittori esoterici, quali Alice Bailey, fondatrice della “Scuola Arcana”, e Nicholai ed Helena Roerich (per quanto riguarda N. Roerich abbiamo già citato la sua testimonianza, con la quale egli diede il suo personale contributo alla questione)  amplificarono il mito, conferendo ad esso una notevole importanza nelle loro concezioni misteriosofiche relative allo sviluppo futuro dell’umanità, eleborando l’idea di una terra nascosta abitata da una mistica fratellanza segreta i cui membri operano nel massimo segreto per il bene dell’umanità, e che in qualche modo tengono le fila degli sviluppi storici planetari, impedendo che le molteplici situazioni negative create dagli uomini di potere e dai comuni mortali degenerino in modo irreversibile portando il mondo allo sfacelo (e ricorda quindi la figura del “Re del Mondo” della quale abbiamo parlato in precedenza).

Alice Bailey interpretò questa sorta di “governo universale” come una realtà essenzialmente extradimesionale e spirituale, e ne trattò in particolare in una delle sue opere più note, intitolata appunto “Shambala, dove il volere di Dio è conosciuto”;  i Roerich al contrario descrissero la sua esistenza come al tempo stesso fisica e spirituale.

Il mito di Shambala fu poi alla base dell’ispirazione per il racconto della terra di “Shan-gri-Là”, narrato nel romanzo “Orizzonte perduto”, scritto da James Hilton nel 1933, così che per molti Shambala divennne impropriamente sinonimo di Shangri-Là.

Alcuni scrittori degli anni ’60 affermano che pure i nazisti si interessarono della favolosa terra di Shambala: secondo costoro la “Società di ricerca dell’eredità ancestrale” -più comunemente nota come “Ahnenerbe”-, una specie di società segreta fondata da Heinrich Himmler ed altri gerarchi tedeschi per investigare sulle origini mitiche del popolo germanico e sulle tradizioni esoteriche che lo riguardavano-, avrebbe inviato una spedizione in Tibet per fare ricerche su questo luogo e in particolare per esaminare le caratteristiche antropometriche degli abitanti, che sarebbero stati anch’essi all’origine della “razza superiore” ariano-germanica. In effetti questa società effettuò parecchie spedizioni in diversi luoghi della terra alla ricerca di prove documentali che suffragassero l’ipotetica superiorità della stirpe germanica e il suo diritto di sottomettere e di guidare le altre nazioni, ma non risulta da fonti certe che abbia fatto ricerche pure in Tibet o in altri territori finitimi. Si ritiene che anche Stalin abbia organizzato una spedizione per trovare Shambala onde impadronirsi delle avanzatissime tecnologie che tale nazione occulta aveva fama di possedere.

Altri scrittori più recenti si sono ispirati al mito di Shambala nelle loro opere, spesso a metà tra letteratura e filosofia mistica, come ad esempio l’americano James Redfield (1950) in “Il Segreto di Shambala”, pubblicato nel 1999, che a sua volta è il seguito di un altro libro “La profezia di Celestino”. Tale opera è un misto di romanzo biografico e d’avventura, di monologo interiore e risveglio spirituale, in cui il protagonista, attraverso la ricerca in diverse parti del mondo di nove “chiavi” dal significato mistico, indicate in un antico manoscritto, persegue la realizzazione del suo autentico IO, e con questa una sorta di comprensione e di redenzione dell’intero Universo.

Il primo sovrano di Shambala fu il leggendario re Suchandra, il quale, come abbiamo già detto, si sarebbe recato in India per incontrare il Buddha Sakyamuni al quale chiese di elargirgli i suoi preziosi insegnamenti, sintetizzati nel libro sacro chiamato “Kalachakra”. La dottrina contenuta nei numerosi testi -riguardanti, come abbiamo già accennato le più svariate branche del sapere, oltre che profonde rivelazioni spirituali-, che costituiscono il Kalachakra sarebbe stata conservata, imparata e tramandata senza interruzione da tutti i re-sacerdoti di Shambala, e l’intero regno, grazie alla realizzazione spirituale dei suoi sudditi, divenne sempre più etereo e si trasformò in una terra pura.

Dopo il primo re Suchandra si succedettero sei “Dharmaraja” (Re di Verità); il settimo successore, Manjushrikirti, fu il primo ad essere conosciuto come Re Kulika (che quindi più che un nome proprio sembra essere un titolo); dopo di che il Kalachakra nomina 24 sovrani fino alla nostra era, l’ultimo dei quali dovrebbe chiamarsi Raudra Chakrin (in tibetano Trakpo Chakkhorchen) che inizierà il suo periodo di regno nel 2327; egli è l’ultimo re citato nella profezia del Kalachakra. In tale profezia si dichiara che ciascuno dei re regnerà per 100 anni; essi saranno in tutto 32 e durante il tempo nel quale avranno regnato le condizioni materiali e spirituali del mondo esterno si deterioreranno inesorabilmente. Gli uomini diventeranno sempre più materialisti, volgari e guerrafondai, cercheranno il potere soltanto per il proprio esclusivo interesse e un’ideologia volta al conseguimento del successo terreno invaderà tutta la Terra. Quando i barbari che seguiranno tale ideologia (che forse più che un’ideologia in senso stretto è da considerare una prassi fondata su una mentalità e una sensibilità -o meglio un’assenza di sensibilità- priva di qualunque anelito e risvolto spirituale) si saranno uniti sotto il governo di un re malvagio e penseranno che non esiste più nulla da conquistare e da sottomettere alle loro brame di conquista e di sfruttamento, le nebbie si solleveranno per rivelare le sacre montagne di ghiaccio di Shamballa. Questo tempo oscuro durerà fino all’anno 2424, quando una “grande guerra” inizierà in India. I barbari attaccheranno la sacra città con un enorme esercito dotato di terribili armamenti; le forze anti-spirituali scateneranno una guerra di conquista e distruzione non limitata a questo pianeta.

Esaminando questo aspetto della profezia, alcuni hanno ipotizzato che Shambala abbia delle origini stellari e che i suoi abitanti siano in grado di muoversi su dischi volanti, A sostegno di tale ipotesi, sono state citate le tradizioni degli indios Aymara della Bolivia e degli Zulù del Sud-Africa, secondo le quali in epoche remote giunsero sulla Terra esseri extraterrestri provenienti da pianeti ove fiorivano avanzatissime civiltà e che avrebbero qui portato conoscenze e tecnologie prima ignote, e rimaste per lungo tempo riservate a ristrette cerchie di iniziati.

Nel Kalachakra sono fornite istruzioni sulle modalità per costruire varie macchine con le quali poter combattere gli invasori; ma soprattutto in quello che è il livello più profondo ed esoterico di questo sacro testo si tratta della energie psico-fisiche dell’uomo (delle quali solo alcune conosciute e considerate dalla scienza exoterica e materialistca), dell’anatomia energetica del corpo. Per rinforzare, regolarizzare e controllare il finzionamento delle correnti praniche (cioè delle energie sottili ed eteriche che percorrono il corpo fisico), e per elevare la coscienza fino all’illuminazione, vengono trasmesse pratiche di “visualizzazione” e recitazione di mantra assai potenti.

La profezia afferma però che la completa distruzione della razza umana sarà infine sventata per l’intervento del “Forte Custode della Ruota del Tempo”, Raudra Chakrin, che si manifesterà all’umanità intera nel 2424, a capo di una potente armata a bordo di “cavalli volanti” e “barche che si muovono nell’aria”, per sconfiggere i degenerati e corrotti governanti del mondo, che lo avevano condotto al declino, sull’orlo di un totale annichilimento nella guerra e nella sfrenata avidità, e per stabilire una nuova Età dell’Oro per tutto il pianeta.

Eventi recenti, che sembrano confermare tali predizioni, rafforzano la convinzione di chi ritiene reale l’esistenza del mistico regno. La disintegrazione del buddismo in Tibet e l’aumento impressionante del materialismo in tutto il mondo, insieme alle guerre, alle inquietudini e ai tumulti che hanno caratterizzato il XX secolo e l’inizio del XXI inducono a riflettere sulla profezia del  Shamballa.

E’ senza dubbio illuminante osservare come l’anno -il 2424-, indicato in questa profezia come l’inzio della palingenesi planetaria si avvicini di molto all’anno -il 2444- nel quale l'”orologio cosmico” rappresentato dalla “precessione degli equinozi” segna lo spostamento, con moto retrogrado, del “punto gamma” o “punto vernale” -quello dell’equinozio di primavera- dal primo grado della costellazione di PISCES  all’ultimo della costellazione di AQUARIUS, – e quindi l’inizio ufficiale della tanto anelata “età dell’Acquario”!

Il tema del “regno nascosto” abitato da strane entità ha ispirato anche un film giapponese di animazione, uscito nel 2011.viaggio-verso-agartha-1 Il titolo di questo film in lingua originale, -ovvero in giapponese-, è OSHI-O OU KODOMO, in inglese CHILDREN WHO CHASE LOST VOICES (=”I bambini che seguono le voci perdute”), mentre alla versione italiana è stato dato il titolo di VIAGGIO VERSO AGARTHA. In questo cartone tuttavia il paese sotterraneo, benchè nelle sue caratteristiche fondamentali rispecchi le tradizioni e le testimonianze che abbiamo cercato di illustrare nella presente trattazione (per forza di cose sintetica e incompleta), è presentato però non come un “regno di luce”, in senso fisico e soprattutto spirituale, ma piuttosto quale un “paese dei morti”, abbastanza tetro ed oscuro, abitato da creature inquietanti, e talora mostruose.

Note

1) Apollonio di Tiana si era recato in India, così come in altri luoghi di cui si narra nella biografia di Fliostrato, non per diffondere una dottrina filosofica o un messaggio salvifico, ma per ampliare le sue conoscenze e approfondire la sua ricerca interiore sia attraverso gli insegnamenti dei bramini e dei saggi locali, sia con l’osservazione della natura e dei comportamenti umani, e la riflessione su di essi.

 

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