UCCELLI NEL MITO – Malak Taus, l’Angelo-Pavone degli Yezidi

Concludiamo il nostro excursus sui più famosi uccelli mitici o meglio sugli esseri divini o semidivini di aspetto ornitomorfo in tutto o in parte tornando nel Vicino Oriente per parlare del “Màlak Taus” (o “Malik Taus”), l'”Angelo Pavone” -o “Re Pavone” (1), l’epifania divina venerata dagli Yezidi -o Yazidi- (2).

La religione praticata da costoro fonde insieme svariati elementi di origine iranica, ebraica, cristiana e islamica.Melek_Taus Alcuni studiosi l’hanno considerata una delle sette mistico-esoteriche derivate dal ramo sciita dell’Islam, -al pari degli Ismailiti, dei Drusi e dei Nusayri-, che aveva ereditato notevoli tratti della dottrina zoroastriana; altri, al contrario, reputano che essa sia una trasformazione di una corrente della religione sincretistica zoroastriano-babilonese affermatasi in Mesopotamia tra la conquista persiana Achemenide (nel 539 a. C.) e l’invasione araba (nel 637) (3), profondamente modificata da molteplici influenze ebraiche, cristiane, manichee ed islamiche,- in specie, queste ultime, nelle forme eterodosse ricordate sopra-, nonché da concezioni gnostiche e neoplatoniche, -mediate in genere a loro volta dalle medesime sette eterodosse dell’Islam sciita e dalle dottrine mistiche dei “Sufi” (4)-. Quest’ultima ipotesi sulla genesi e lo sviluppo della religione Yezida è quella prevalente negli ultimi decenni.

A loro dire, sarebbero i seguaci della più antica religione del mondo, fondata da “Shayd ibn-Giarrah” (o “Shayd ibn-Giayar”) -“figlio della giara”-, il rampollo autentico di Adamo, da lui avuto senza il concorso di Eva; costui scelse come sposa una delle “hurì” del Paradiso (le fanciulle angeliche che popolano il Paradiso anche presso i Musulmani), e da essi sarebbero discesi gli Yezidi. Essi ammettono però le strette somiglianze con le credenze dell’antica Persia, che avrebbero avuto un’origine comune con le proprie.

Il nome stesso di Yezidi deriva, secondo l’ipotesi etimologica meglio documentata, dal persiano “Ized” =angelo, o divinità minore, termine derivante a sua volta dall’avestico “Yazata” (“adorabile”, “venerabile”), che nella religione zoroastriana designa le divinità minori, o angeli, -subordinate agli “Amesa Spenta”, le entità divine più elevati, stretti collaboratori e ipostasi di Ahura Mazda, il Dio Supremo-.

Secondo i seguaci dell’Angelo Pavone invece essi presero il nome da Yazid, figlio e successore di Muawiyah ibn Abi Sufyan, il primo califfo della dinastia degli Ommayadi, che regnò a Damasco dall’anno 60° al 64° dell’Egira (680-683 d. C.), il quale, deluso dal verbo di Maometto, si sarebbe convertito e avrebbe restaurato e riorganizzato la religione primitiva di Adamo.

Questo gruppo religioso, costituito in massima parte da Curdi (5), durante i secoli è stato spesso vittima di persecuzioni da parte di Cristiani e Musulmani, che consideravano i suoi membri degli “adoratori di Satana”, a causa del fatto che l’Essere divino, -“Malak -o Malik- Taus”, posto al centro della loro speculazione mistico-filosofica e del loro culto, è stato identificato con il “Diavolo” -ovvero il “ribelle” a Dio e il “tentatore” dell’uomo-. Com’è noto, negli ultimi tempi gli Yezidi abitanti nelle regioni settentrionali dell’Iraq sono saliti alla ribalta delle cronache perché le feroci persecuzioni contro di essi sono state rinnovate dalle truppe dello pseudo “Califfato” islamico costituitosi tra la Siria e l’Iraq  – in realtà privo di fondamento giuridico e teologico-, che nei fatti si sono mostrate solo bande di feroci predoni prive di qualsivoglia aspirazione o anelito spirituale, e neppure alcun autentico interesse religioso, poiché per essi l’Islam è solo una bandiera ideologica, lo strumento per instaurare un regime politico-sociale barbaro e spietato, che non ha nulla a che vedere con gli splendori della civiltà arabo-islamica che fiorì alla corte dei califfi Ommayadi di Damasco e Abbassidi di Baghdàd.

Il numero dei seguaci delle dottrine yezide è incerto, poiché le stime variano assai, tanto che si va da valutazioni che non superano i 70.000 fedeli ad altre che reputano la consistenza numerica degli Yezidi in circa 500.000 anime. La loro distribuzione è concentrata soprattutto in due aree dell’Iraq settentrionale: una nella provincia di Mosul, dove si trova il loro principale santuario, il mausoleo di Shayk Hadi, il profeta principale degli Yezidi, nella cittadina di Lalish; l’altra nei pressi del Monte Singiar e nella città omonima, divenuti tristemente noti negli ultimi mesi a causa del terribile assedio a cui essi su tale monte sono stati sottoposti dal cosiddetto “esercito islamico”.

Altri gruppi minori risiedono in Siria, nella zona di Aleppo e ad ovest dell’Eufrate; in Turchia nel distretto di Dyarbakir, a nord del Tigri; nell’area sud-caucasica, nell’Armenia ex-sovietica e in Georgia. Ma molti altri sono emigrati nei paesi europei, specialmente in Germania, Svizzera e Benelux, e negli USA.

Il gruppo etnico-religioso degli Yezidi è suddiviso in due grandi classi: i “muridàn”, ovverosia i laici, -il cui nome, (tratto dal lessico sacrale dei “Sufi”, i mistici dell’Islam, professanti spesso concezioni della divinità e del modo di entrare in contatto con essa fortemente eterodosse rispetto alla teologia ufficiale), significa alla lettera “aspiranti”-, e che sono esclusi dalla partecipazione ai riti segreti e dalla piena conoscenza delle dottrine del gruppo; ed i religiosi che costituiscono un corpo sociale distinto. Questi ultimi a loro volta si articolano in diverse categorie: alla sommità della gerarchia sacerdotale stanno gli “Shaykh”, reputati i diretti discendenti dello sceicco Hadi, il restauratore, se non il fondatore della religione yezida; ad un gradino inferiore si trovano i “Pir”, i sacerdoti che celebrano le principali cerimonie; infine varie categorie inferiori, quali i “Qawwal”, musici e cantori, e i “Kaciak”, danzatori (ila musica e la danza rivestono una notevole importanza nei riti yezidi, e pure questo è un elemento che li avvicina ai misitici “Sufi”). Sono da ricordare poi i “Faqir” (=”poveri”), detti anche con parola turca “Qarabash” (=”teste nere”), a motivo del turbante onde si avvolgono il capo, i quali costituiscono una sorta di confraternita che gode di indiscussa influenza e venerazione presso il popolo.

La figura centrale di questa religione è appunto l'”Angelo”, – o “Re”-, “Pavone”; in effetti la cosmogonia degli Yezidi contempla un Dio creatore ineffabile e inconoscibile, il quale crea l’Universo attraverso sette grandi angeli che sono le sue emanazioni: di esso il primo in dignità è Malak Taus, che è il conservatore e il governatore del mondo. Egli, per la sua natura superiore a quella di tutte le altre creature, osa considerarsi alla pari con Dio stesso, e pertanto equivale, o coincide con l’Angelo Decaduto, delle religioni di matrice ebraica, (Lucifero, il Serpente, ecc.); a differenza di queste ultime però Malak Taus si pente della sua ribellione e viene pertanto perdonato da Dio, reintegrato nella sua dignità e gli viene demandato il domino dell’Universo.

I sette grandi angeli attraverso i quali il Dio-Tutto si espande dando origine all’Universo corrispondono perfettamente ai sette “Amesha Spenta” (“Amshasfand” in persiano moderno) della religione di Zoroastro, anzi si possono senza dubbio identificare con essi, sebbene i loro nomi siano diversi -di chiara derivazione semitica-. La figura di Malak Taus è dunque derivata da quella di “Vohu Manah”, il “Buon Pensiero”, la prima e la più alta in grado delle entità divine emanate da Ahura Mazda, che lo coadiuvano nel reggimento del mondo: di Vohu Manah l’Angelo Pavone ha conservato l’aspetto del magnifico uccello appartenente all’ordine dei Galliformi, la coda del pavone quando fa la ruota è infatti un’immagine suggestiva della saggezza cosmica dotata di mille occhi. Talora Vohu Manah era rappresentato anche dal Gallo, -anch’egli animale legato al simbolismo solare, specialemente per il suo canto che precede di poco e sembra salutare il sorgere del Sole-; questo animale tuttavia era anche e soprattutto l’animale di Shràosha, uno degli “Yazata”, le divinità minori, o angeli, dello Zoroastrismo (6) (7).

Altre interpretazioni attribuiscono l’aspetto di pavone di questo Essere Divino ad alcune leggende riportate o attestate in alcuni testi apocrifi ebraici e cristiani, che avrebbero influenzato alcuni passi coranici -in particolare nelle sure II (32-34) e VII (9-21). Secondo queste leggende, ed il Corano, il “tentatore” di Adamo ed Eva non fu, come nella “Genesi”, il “Serpente”, ma “Iblis” (il “Diavolo”), -mentre il Serpente interviene soltanto per introdurre Iblis nell’Eden, donde era stato bandito dopo la sua ribellione-. Quest’ultimo infatti si era rivolto a tutti gli animali affinché intercedessero per farlo rientrare nel Paradiso, ottenendone però un rifiuto; solo il Pavone, pur non aiutandolo personalmente, persuase il Serpente a fornire un’opera di mediazione. Allorché il peccato di Adamo fu consumato, Iddio adirato scagliò il primo uomo e coloro che avevano contribuito ad indurlo alla disubbidienza sulla terra: il Serpente cadde sopra Isfahan, in Persia, il Pavone a Kabul in Afghanistan, Iblis sulla vetta dell’Ararat in Armenia e Adamo nell’isola di Serendib (l’attuale Sri Lanka) (8).

Inoltre nell’antichità era credenza comune che le carni del pavone fossero incorruttibili e pertanto questo uccello era uno dei simboli dell’immortalità dell’anima, anche per i cristiani che lo raffigurarono spesso con questo significato mistico nelle catacombe e nelle basiliche paleocristiane.1150827_647013128656882_153301003_n La ruota del pavone , risplendente dei colori dell’iride è l’immagine della pura Luce di Dio che si scompone nei sette colori fondamentali per dare vita all’Universo materiale. Secondo gli Yezidi, gli altri sei grandi Angeli erano in principio parti di Malak Taus, – sua volta alter ego del Dio Supremo-, che poi si moltiplicò in un arcobaleno primordiale in cui nacque l’eptade divina, i cui membri però sono le manifestazioni, le ipostasi dell’unica realtà spirituale.

Nel “Mashaf-i Ras”, -uno dei due principali testi sacri degli Yezidi (l’altro è il “Kitab al-Gilwah” =”Il Libro della Rivelazione”) -, si afferma che il Dio Supremo creò una grande perla contenente la sostanza primordiale, il substrato dell’Universo; sopra questa perla, -che appare molto simile all'”Uovo Cosmico” posto all’origine del Mondo da molte cosmogonie-  stava appollaiato un Uccello cosmico, il prototipo dell’eptade angelica che poi animerà e guiderà l’Universo non ancora formato. Dopo 40.000 anni la perla esplose ed in tal modo si ebbe la nascita dell’Universo materiale (questa “esplosione” si può identificare nel “Big Bang”). In seguito il Dio supremo pose opera all’ordinamento dell’Universo, attraverso la creazione dei sette Grandi Angeli, ai quali sono attribuiti i seguenti nomi: Azrail -ovvero Malak Taus-, il più elevato di tutti; Dardail; Israfil; Mikail (=Michele); Gibrail ( = Gabriele); Shimnail; Nurail. Ad essi corrispondono i giorni della settimana, cominciando dalla domenica, consacrata ad Azrail -il Malak Taus-. Questi Grandi Angeli corrispondono ai sette “Amesha Spenta” della religione zoroastriana: Vohu Manah (Bahman in persiano moderno), il “Buon Pensiero”; “Asha Vaishta” (Ardibihisht), l'”Ottima Legge”; Zasdhra Vairya (Sharèvar), il “Dominio Desiderabile”; Armatay (o Spenta Armàiti -Asfendarmad-), la “Pietà”, -che ha un’omologa nell’Aramati del “Rig Veda” (il più venerato testo sacro induista); Haurvatat (Khurdad), l'”Integrità”; Ameretat (Murdad), l'”Immortalità”; le ultime tre sono entità femminili e rivolgono la loro protezione in particolare alla Terra, alle piante e all’agricoltura, assicurando abbondanti raccolti. Il settimo “Amesha Spenta”, -ma il primo in ordine di importanza!- è considerato in genere lo stesso Ahura Mazdah; talora è invece Shraosha, “l’Obbedienza”, che corrisponde alla vedica Sarasvati, la sposa di Bhrama e dea della saggezza.

Per effetto dell’esplosione, il “guscio” della perla si suddivise in quattro pezzi, mentre dall’interno uscirono le acque dell’Oceano primordiale. Dopo l’emanazione di Malak Taus,che incarna il potere e la saggezza divini e degli altri sei Angeli che lo assistono, fu creata la Terra, o meglio fu tratta dal sostrato indeterminato contenuto nella perla esplosa che si era disseminato nello spazio; ovvero in un’altra versione essa derivò dalla parte centrale dell’Oceano che si era solidificata. In principio essa era arida e sterile; entrò poi in una fase di continua turbolenza che causava violenti terremoti e un’intensa attività vulcanica. Dio per parte sua con i pezzi del guscio della perla creò il Sole, la Luna, i pianeti e le stelle che adornano e illuminano il Cielo.

Al fine di far cessare le turbolenze telluriche e dare un più stabile assetto alla Terra, Dio inviò l’Angelo Pavone, il quale infuse la vita nell’ancora disabitato pianeta, dotandolo della flora e della fauna alle quali trasmise tutta la splendente magnificenza dei suoi colori sfavillanti. Egli volò poi sopra tutte le regioni terrestri per impartire ad esse la sua divina benedizione ed alla fine si posò nella parte settentrionale della Mesopotamia, -che per gli Yezidi è l’area più sacra della Terra-, e precisamente nel punto ove sarebbe sorta la cittadina di Lalish, che è il luogo santo di questa religione, ove si trova il mausoleo dello Shaykh Hadi.

Il mausoleo di Shaykh Hadi a Lalish nel distretto di Ninive in Iraq.
Il mausoleo di Shaykh Hadi a Lalish nel distretto di Ninive in Iraq.

Questi, sebbene la sua figura sia stata arricchita di molti tratti leggendari e trasfigurata in una mistica luce, è considerato dagli studiosi il vero fondatore, o quanto meno il restauratore, della religione yezida,almeno nelle forme storicamente accertate e conosciute e la sua tomba è meta di un devoto pellegrinaggio dei suoi fedeli, che vi si recano di solito tre il 15 e il 20 settembre (secondo il calendario giuliano).

Dopo che la Terra era divenuta un luogo accogliente e rigoglioso, i sette Grandi Angeli si accinsero alla creazione del primo essere umano: ciascuno di essi gli fece dono di uno cinque sensi. Ma Adamo era ancora una sorta di automa senza vita, senza anima; allora Malak Taus gli infuse il palpito della vita spirituale. Quando Adamo si sollevò dal suolo, l’Angelo Pavone lo girò verso il Sole che stava sorgendo, insegnandogli che esisteva qualcosa di assai più grande di lui e che rivolgere la sua adorazione al Sole come forma e immagine del Dio supremo lo avrebbe aiutato a ricordare questa verità.

In un’altra versione è Dio stesso che, dopo aver creato 30.000 angeli suddivisi in tre ordini celesti che per 40.000 anni cantarono incessantemente le sue lodi, decide di dare vita all’uomo. A tal fine egli comanda all’angelo Gabriele di portargli dai quattro angoli del mondo terra, acqua, aria e fuoco con i quali plasma il corpo di Adamo e gli insuffla poi lo spirito immortale. Dopo di che la nuova creatura viene condotta nel paradiso terrestre dove potrà nutrirsi di tutti i frutti e i vegetali che ivi si trovavano ad eccezione del frumento. Adamo su consiglio di Malak Taus trasgredisce il divieto ed è così cacciato dal paradiso.

Per oltre 100 anni Adamo se ne stette disperato in triste solitudine fino a che Dio, impietosito, comandò a Gabriele di creare Eva traendola dalla sua spalla sinistra. Sorse però una disputa tra di essi su chi tra loro dovesse divenire il progenitore della stirpe umana; per decidere della questione si sfidarono in una specie di gara: ciascuno di loro mise il proprio “seme” in una giara, che venne chiusa e sigillata. Aspettarono nove mesi, dopo di che le due giare vennero aperte: in quella di Eva vennero trovati solo vermi e insetti, mentre in quella di Adamo scoprirono due bei bambini, maschio e femmina (oppure, in altra versione, un solo infante maschio, come si è detto sopra).

Infine Adamo “conobbe” Eva ed ella partorì in modo “normale” due figli, maschio e femmina: i figli del solo Adamo furono i progenitori degli Yezidi, -i quali dal loro avo avrebbero imparato le dottrine e la saggezza a lui insegnate dall’Angelo Pavone-,  mentre dai figli di Adamo e di Eva rampollarono tutte le altre stirpi umane che popolano il pianeta. Come si può notare, questo mito antropogonico, attribuendo la genesi della “stirpe eletta” al solo Adamo, è alquanto maschilista; inoltre la credenza degli Yezidi (come quella di Ebrei e Indù) subordina la “salvezza” e l’evoluzione spirituale all’appartenenza ad un popolo “eletto”, e quindi alla nascita, ad una condizione esteriore e non alle qualità morali delle singole persone -per quanto anche i loro correligionari peccatori e attratti più dalle vanità mondane che dalle ricchezze spirituali siano destinati ad essere puniti in una successiva incarnazione- e si dimostra dunque etnocentrica e limitata sotto questo aspetto. Per altro verso dandosi questa origine eletta gli Yezidi sembrano corrispondere agli “pneumatici” o “spirituali” intrinsecamente superiori e destinati alla salvezza di alcune sette gnostiche.

Il biblico “Giardino dell’Eden” rappresenta secondo gli Yezidi l’Età dell’Oro durante la quale la saggezza e la prosperità regnavano sulla Terra. ma in seguito la luce spirituale che illuminava l’umanità si affievolì sempre più. Una lunga serie di inondazioni si abbattè sul globo terrestre per purificarlo, -l’ultima delle quali, identificabile nel diluvio della Genesi-, sarebbe avvenuta circa 6000 anni fa. Dopo di essa gli Yezidi dalla loro patria nell’Alta Mesopotamia sarebbero emigrati in diverse regioni dell’Asia, dell’Africa e dell’Europa, ed avrebbero dato un fondamentale contributo alla nascita e allo sviluppo delle più grandi civiltà, in particolare di quelle mesopotamiche; ma in seguito sarebbero tornati nella loro terra di origine.

Infine tra l’XI e il XII secolo apparve la figura, circonfusa di un alone di leggenda, dello sceicco Hadi, il quale, dopo aver ricevuto una rivelazione dall’Angelo Pavone che gli era apparso in sogno, restaurò e riformò l’antica religione. Egli si stabilì nella città di Làlish, nell’Iraq settentrionale, che, come abbiano detto sopra, è per gli Yezidi l'”ombelico del mondo”, il luogo dove Malak Taus si era posato dopo aver diffuso la vita sulla terra; quivi morì nell’anno 558 dell’Egira e fu costruito il suo mausoleo che è il santuario principale della religione yezida.

Le lacrime di pentimento dell’Angelo Pavone, che avevano riempito sette giare per la durata di settemila anni, versate sulle fiamme dell’Inferno, le spensero, cancellando così in modo totale e definitivo il male cosmico e metafisico, cosicché per gli Yezidi non esistono entità o creature intrinsecamente e irrimediabilmente malvage, come non esiste un condanna irrevocabile e un un luogo di punizioni eterne, -anche perché, come vedremo in seguito, essi credono nell’evoluzione transpersonale delle anime attraverso varie incarnazioni terrene (ovvero in quella che viene definita con termini inesatti, “reincarnazione” o “metempsicosi”), per cui tutti gli esseri, dopo un percorso più o meno lungo e doloroso, saranno reintegrati nella gloria divina,

La cosmogonia degli Yezidi afferma che in principio vi era l’Oceano (si confronti l'”Apsu” babilonese, le “Acque” sulle quali alleggiava l'”Elhoim” della “Genesi”), in mezzo la quale si trovava l’Albero del Mondo. Appollaiato sopra i rami superiori dell’albero stava il Dio Supremo in forma di meraviglioso volatile (che ricorda molto Simurgh, il quale similmente sostava sulle fronde dell’Albero Cosmico innalzantesi dal “Vourukasha” l’oceano primordiale nella dottrina zoroastriana).

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Un “sangiaq” in argento.

In un’altra regione cosmica, in un rosaio fiorito creato da Dio, viveva lo “Shaykh Sinn” lo Spirito Eterno. Dio emanò dal suo splendore un Angelo di eccezionale splendore, avente anch’egli la forma di pennuto, e lo pose su uno dei rami più alti dell’Albero Cosmico alla sua destra; ma purtroppo l’Angelo, -ovvero Malak Taus-, non seppe resistere alla tentazione di ritenersi uguale a Dio: per questo Dio lo scacciò dall’Albero assestandogli un poderoso colpo di becco. Malak Taus, dopo aver errato volando attraverso gli spazi cosmici per innumerevoli secoli, per consiglio di Shaykh Sinn, tornò a Dio implorando il suo perdono e le sue lacrime di pentimento, come si è detto, distrussero la causa del male.

Appaiono dunque evidenti le somiglianze tra Malak Taus sia con il persiano Simurgh, anch’egli appollaiato sulle fronde dell’albero cosmico e votato ad una missione “pedagogica” e salvifica nei confronti degli umani tramite la assistenza da lui prestata ad eroi o maestri spirituali; sia con la Fenice, con la quale condivide la funzione cosmogonica e l’intimo legame con il Sole ( nel “Mashaf-i-Ras” invita Adamo a rivolgere la sua preghiera all’almo astro diurno, quale segno materiale della presenza di Dio), simbolo e immagine sensibile della Luce divina.

L’immagine dell’Angelo Pavone è comunemente impiegata nel culto; in particolare è posta alla sommità del “sangiàq” (parola turca che significa “stendardo”, specie quello portato da un cavaliere che precede gli eserciti in marcia o schierati a battaglia), un alto candelabro di bronzo o di altro metallo circondato da una larga base circolare sulla quale ardono alquante lampade. Tale candelabro viene portato in processione durante alcune importanti festività, come ad esempio, la festa di Capodanno, detta “sarsal”, che cade il primo mercoledì del mese di “nisan” (marzo-aprile), -e corrisponde quindi al “nouruz” (il dì dell’equinozio di primavera) dei Curdi non Yezidi e dei Persiani-.

Note

1) le due denominazioni sono derivate dalla somiglianza dei termini “màlak” (angelo) e “màlik” (re) in aramaico e arabo. La parola che indica il pavone in fenicio e aramaico -“Taus”- è stata adottata anche dal greco -“Ταως”-. Si suppone che anche il latino “Pavo” sia derivato, attraverso il greco, dal termine semitico, per quanto non si capisca come la T sia divenuta P.

2) “Yezidi” è la forma del nome secondo la pronuncia persiana, “Yazidi” secondo quella araba -per l’esattezza “Yazidiyyun”, e “Yazidiyya” l’insieme dei seguaci_ (si ricordi che nella lingua araba classica .le sole vocali sono A, I e U; -nei diversi vogari arabi esistono pure la E e la O-). In curdo e turco sono detti “Ezidi” o “Izidi”. Un’altra denominazione araba dato a questo gruppo etnico-religioso è “Dawasin” (in siriaco “Dasnayè”), derivato dal nome di una provincia a oriente di Mosul, nell’Alta Mesopotamia dove essi erano numerosi.

3) durante questo lungo periodo abbiamo poi la conquista di Alessandro Magno. il dominio macèdone dei Selèucidi, quello partico degli Arsàcidi e quello persiano dei Sassànidi.

4) le dottrine e le esperienze mistiche per loro stessa natura portano a superare e a trascendere gli schemi dottrinali e ideologici delle religioni e delle filosofie, necessariamente rinchiuse nei limiti dell’intelletto umano, -e in particolare  la netta distinzione tra Dio, Mondo, Natura e Uomo propria delle forme più rigorosamente teistiche di Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo-. per approdare a una sorta di annullamento dell’io inferiore ed empirico, -fatto di impulsi ed emozioni incontrollate, di condizionamenti sociali e culturali, ecc.- (la “morte mistica”) che fa emergere il vero IO, (quello che junghianamente è il “Sé”). Per questo nell’ambito delle religioni “monoteistiche” esse molto di frequente sono considerate eretiche, “pagane”, o quanto meno guardate con sospetto, e talora perseguitate con  inflessibile intransigenza (quando non si accetti una formale adesione o un compromesso, magari solo linguistico, nei confronti della dottrina “ortodossa”).

5) tuttavia i Curdi in maggioranza professano la religione musulmana sunnita.

6) tra gli “Yazata” principali, oltre Sràosha, ricordiamo Mithra, dio del Sole e della luce diurna, Atàr, il Fuoco sacro, Anahita, dea della Acque e della Purezza, -poi identificata con Ishtar e Afrodite-, Rashnu, dio della Giustizia, il quale, insieme con Shraosha e Mithra (si confronti la triade dei giudici dell’Al di là -Eaco, Minosse e Radamanto- della mitologia greca), sta a custodia del Ponte Cinvat, il ponte che le anime dei defunti devono attraversare, e che solo i giusti, per i quali esso ha la larghezza di una parasanga (circa 6.300 m) possono superare, mentre i reprobi, ai quali invece appare strettissimo, sono destinati a cadere nell’inferno sottostante.

7) il Gallo ha un importante significato simbolico anche per gli “Ahl -I-Haqq” (Quelli della Verità”), un’altra setta religiosa le cui credenze e riti hanno notevoli affinità con quelle degli Yezidi, e i cui membri sono anch’essi in gran parte appartenenti all’etnia dei Curdi.

Il Gallo, o più spesso un uomo anguipede armato di frusta nella mano destra e di scudo in quella sinistra con testa di gallo, è l’aspetto, o con più esattezza l’immagine simbolica, attribuita ad Abraxas ( o “Abrasax”) da alcuni gruppi gnostici dell’antichità e in particolare da Basilide, -le cui opere si collocano nel periodo tra il 117 e il 138,- e dai seguaci della sua scuola all’Ente Supremo Increato, l’Uno dal quale tutte le cose e tutti gli esseri, prima quelli spirituali e poi quelli psichici e materiali, derivano.

Immagine di Abraxas
Immagine di Abraxas

Il nome, -che peraltro non fu inventato da Basilide, venne scelto perché la somma dei numeri corrispondenti alle lettere greche che lo compongono dà come risultato 365, il numero delle rotazioni della Terra sul proprio asse durante una rivoluzione, ovvero il numero dei giorni dell’anno, in ciascuno dei quali il Sole compie un giro apparente su ciascun punto del globo (A=1; B=2; P=100; A=1;Ξ=60; A=1;  Σ=200). Notiamo altresì che pure una variante del nome in greco di Mithra (MEIΘPAΣ) ha come corrispondenza numerica la medesima cifra, il che portò all’identificazione della divinità iranica con il ΧΡIΣΘOΣ-ΛOΓΟΣ.

La testa di gallo rappresenta l’elemento celeste e solare, l’essenza spirituale; i serpenti l’elemento ctonio, ancestrale, inconscio (nonché la saggezza nascosta e la morte e resurrezione) che viene però illuminato e utilizzato dall’Io spirituale, quando esso trionfa (il Cristo che discese agli Inferi prima di risorgere).

Il nome “Abraxas” è di origine quasi certamente semitica, sebbene le sue prime attestazioni si ritrovino in iscrizioni e papiri magici nell’Egitto tolemaico, da II sec. a. C. in poi, spesso associato a nomi ed appellativi di divinità egizi, ebraici e siriaci, -quali Adonai, Elhoim, Sabaoth, Phapro, Osoronnophris, Làilam, Patorure ecc.- e soprattutto IAΩ, che è equivalente dello Jawh ebraico, e che appare talvolta anche nelle raffigurazioni gnostiche in alternanza ad Abraxas (e quasi sempre scritto sullo scudo tenuto al braccio sinistro dalla figura che rappresenta l’entità divina).

8) in effetti al centro dell’isola trovasi un’alta montagna, chiamata Samanalakanda, -“Montagna delle Farfalle”-, alla cui sommità si può osservare una enorme impronta di piede (lunga 1,8 metri) impressa su una roccia, poi compresa in un santuario buddista. Gli induisti la credono l’impronta di Shiva, i buddisti di Buddha e i musulmani di Adamo.

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