SPECIE IN PERICOLO (prima parte)

Sulla Terra, afferma l’UNEP, il programma di difesa dell’ambiente delle Nazioni Unite, vivono attualmente circa un milione e 750.000 specie vegetali e animali. La “biodiversità”, ossia il vasto e multiforme insieme degli organismi viventi sul nostro pianeta, che è fonte di inesauribile stupore per la varietà degli esseri che lo compongono e la capacità di attecchire in qualunque ambiente fisico, è il risultato dell’evoluzione di oltre tre miliardi di anni, da quando primitivi organismi unicellulari iniziarono a prosperare in condizioni spesso ancora ostili alle forme di vita superiori e che essi stessi contribuirono a rendere  più propizio all’espandersi di esseri viventi sempre più complessi.

Le specie non ancora identificate, soprattutto tra gli Insetti e le Piante, sarebbero però ancora moltissime, tanto che il loro numero potrebbe arrivare secondo alcune stime addirittura alla sbalorditiva cifra di 14 milioni! Nel mondo le aree più ricche di biodiversità sono le foreste tropicali e le barrire coralline.

Fin dal 1979 un noto studioso, Norman Myers, va sostenendo che ormai siamo nel pieno della sesta grande estinzione di massa nella storia della vita sulla Terra e che ogni anno scompaiono ben 40.000 specie di esseri viventi, mentre un altro scienziato, l’entomologo americano Edward Osborne Wilson, calcola una sparizione di circa 27.000 specie all’anno, una tesi avvalorata da molti esperti di biodiversità e studiosi dell’evoluzione biologica.

Una "barriera corallina", uno degli ambienti naturali più ricchi di specie.
Una “barriera corallina”, uno degli ambienti naturali più ricchi di specie.

E.O. Wilson è noto anche per avere elaborato ed esposto nelle sue opere, -e specialmente in “Consilienza – L’unità della conoscenza”-, una concezione filosofico-scientifica che si incentra sul concetto di “consilienza”. Tale termine fu coniato dal filosofo britannico William Whewell (1794-1866), nella sua opera “La filosofia delle scienze induttive”, che definì la “consilienza” come “l’inferenza che occorre quando un’induzione ottenuta da una classe di realtà coincide con un’altra induzione, sorta da una diversa classe di realtà”. All’epoca il termine non ebbe molto successo, ma fu ripreso appunto da Wilson, per il quale essa rappresenta “la finalizzazione di diverse tipologie di conoscenze e l’aggregazione relazionale e interconnessa degli stessi in un ambito umano condiviso”.

In pratica con questa parola si vuole significare sia la convergenza tra cultura scientifica e cultura umanistica, che, anziché essere considerate compartimenti stagni distinti in modo netto, possono utilmente interagire e collaborare portando a nuove soluzioni; sia il fatto che, partendo da un approccio diverso a un determinato settore o problema, si possa arrivare a conclusioni simili e che impostazioni differenti, lungi dall’escludersi reciprocamente possano essere in qualche modo complementari.

Nella sua opera lo scienziato sostiene che il problema principale del mondo odierno è la progressiva scomparsa della biodiversità, causata soprattutto dall’enorme voracità materiale della specie umana, che ormai, tanto per l’aumento esplosivo della popolazione, tanto per il moltiplicarsi delle esigenze, più o meno giustificate, degli individui e dei gruppi, comportano un dispendio e un consumo sempre maggiore delle materie prime e delle risorse energetiche.

L'Axolotl (Ambistoma mexicanum), anfibio in pericolo critico di estinzione.
L’Axolotl (Ambystoma mexicanum), anfibio in pericolo critico di estinzione.

Questa situazione rende sempre più problematica e meno sostenibile la coesistenza delle società umane con gli ecosistemi naturali e con le altre forme di vita che vivano allo stato di natura.

“La crescita a dismisura della popolazione umana può essere definita il mostro della Terra” afferma Wilson e contro di essa è indispensabile operare con consapevolezza, convinzione e decisione, se si vuole evitare la scomparsa definitiva di quasi tutti gli ecosistemi, delle specie viventi e infine della stessa umanità.

La LISTA ROSSA delle specie animali e vegetali minacciate pubblicata nel 2004 dall’Unione Mondiale per la Conservazione delle Specie dimostra in modo incontrovertibile il costante declino della biodiversità: ben 15.589 specie, delle quali 7.266 animali e 8.323 vegetali, sono in preoccupante diminuzione. Sono a rischio ben un terzo degli Anfibi, quasi la metà dei Cheloni (Tartarughe), una specie di Uccelli su otto e una di Mammiferi su quattro.

Ma le specie che si trovano in questa allarmante condizione di declino della loro consistenza numerica e di vedersi private delle possibilità di sopravvivere a causa degli sconsiderati interventi umani -che vanno dalla distruzione degli habitat naturali all’inquinamento, dalla caccia e pesca dissennate ai molteplici fattori di “disturbo antropico”- potrebbero essere molte di più: i dati degli esperti infatti riguardano poco più di un terzo delle specie animali e un trentesimo di quelle vegetali, poiché vengono valutate soltanto le specie di cui si dispone di elementi sufficienti per valutarne lo stato di conservazione.

Un disastro quindi paragonabile a quello avvenuto 65 milioni di anni fa con la scomparsa dei Dinosauri e di tantissimi altri animali e piante; ma con l’importante differenza che mentre allora, -così come nelle precedenti estinzioni di massa-, le cause di tale fenomeno furono naturali, la catastrofe biologica ed ecologica che si profila ai nostri giorni è provocata esclusivamente dell’uomo e dalle attività con le quali, cercando di affermare sé stesso a danno degli altri abitanti del pianeta, altera gravemente e spesso in modo irrimediabile gli equilibri naturali.

La Rafflesia magnifica, una delle piante con il fiore più grosso, stimata in pericolo critico.
La Rafflesia magnifica, una delle piante con il fiore più grosso, stimata in pericolo critico.

Inquinamento, caccia, pesca, cambiamenti climatici, commercio di piante e animali esotici, impoverimento o distruzione degli ambienti naturali per scopi agricoli, industriali, energetici e per altri usi sono le cause principali di questo processo. A questi fattori si aggiunge l’introduzione negli ambienti originari di varie regioni della Terra di specie ad esse estranee, provenienti  da altri luoghi, che l’uomo, in modo volontario o involontario, con sconcertante superficialità e senza rendersi conto delle conseguenze, trasporta e immette in quasi tutti gli angoli del pianeta.

In Italia, ad esempio, si calcola che sia “straniero” il 20% dei Mammiferi e il 5% degli Uccelli nidificanti. E gli effetti di tale sradicamento delle specie dal loro habitat originario e della loro immissione in  altri ambienti sono devastanti non solo per la biodiversità e l’assetto ecologico, ma anche per l’economia. Spesso le specie introdotte ad opera dell’uomo prevalgono su quelle autoctone, provocandone in un tempo relativamente breve la riduzione o la scomparsa e contribuendo, sommandosi agli altri fattori segnalati, alla degradazione degli ecosistemi.

La tendenza all’estinzione può essere contrastata, come dimostra il successo di alcuni dei tentativi per la conservazione di alcuni animali, -come il Lupo in Italia, l’Elefante in Africa, il Condor della California, la Scimmia leonina in Brasile, l’Aquila calva negli USA-, dopo che tali animali avevano rischiato di sparire per sempre dalla faccia della Terra. Tentativi riusciti che dimostrano come la tutela della biodiversità, della straordinaria ricchezza di forme di vita sia fondata soprattutto sulla volontà da parte dell’uomo di continuare a coabitare il pianeta con le altre specie viventi e sulla consapevolezza non solo del valore intrinseco e del diritto alla vita degli altri esseri viventi, ma anche del fatto che anch’egli non potrà più sopravvivere se essi cesseranno di esistere.

L’UNIONE INTERNAZIONALE PER LA CONSERVAZIONE DELLA NATURA E LA “LISTA ROSSA”

L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, nota con l’acronimo della sua denominazione ufficiale in inglese IUCN (International Union for the Conservation of Nature) è una organizzazione non governativa fondata nel 1948 a Fontainbleau in Francia e che ha attualmente sede a Gland in Svizzera. Essa ha assunto la missione di indurre e assistere le società umane in tutto il mondo a conservare l’integrità e la diversità della Natura e di far in modo che l’impiego delle risorse naturali sia equo ed avvenga senza gravare eccessivamente sugli ecosistemi e le specie degli esseri viventi non umani.

La IUCN conta oltre 1000 membri tra stati, agenzie governative, agenzie non governative e organizzazioni internazionali; in Italia ne fanno parte la Direzione per la Protezione della Natura del Ministero dell’Ambiente, le principali associazioni per la protezione degli ambienti naturali, enti di ricerca ed alcune aree protette. Ad essa è affiliata una rete di oltre 10.000 ricercatori che contribuiscono come volontari alle attività scientifiche e di conservazione svolte dall’ente.

Essa, oltre a promuovere varie iniziative per la protezione degli ambienti naturali, della Flora e della Fauna, cura la pubblicazione annuale di un elenco di tutte le specie animali e vegetali. -la cosiddetta “Lista Rossa” (Red List)-, nella quale ciascuna di esse è collocata in una graduatoria secondo la sua consistenza numerica e i pericoli che la minacciano.

La stesura e l’aggiornamento periodico della “Red List o Threatened Species” (Lista Rossa IUCN delle Specie Minacciate) è l’opera più importante promossa dalla “Species Survival Commision”; presente da oltre 50 anni, tale lista costituisce il più completo inventario dei rischi di estinzione corsi dalle specie viventi su scala mondiale.

Le categorie delle quali consta questa classificazione sono le seguenti:

1) Estinta (Extinct): specie di cui non esiste più alcun esemplare vivente (EX);

2) Estinta in ambiente selvatico (Extinct in the Wild): specie di cui sopravvivono solo esemplari in cattività o in strutture protette (parchi, giardini zoologici, ecc.) (EW);

3) In pericolo critico (Critically Endangered): specie con popolazione inferiore a 250 esemplari adulti, ovvero diminuita del 10 % in 10 anni, o il cui areale di distribuzione si sia ridotto a meno di 100 kmq (CR);

4) In pericolo (Endangered): specie con popolazione inferiore a 2500 individui adulti ovvero diminuita del 70 % in 10 anni, o il cui areale di distribuzione si sia ridotto a meno di 5.000 kmq (EN);

5) Vulnerabile (Vulnerable). specie con popolazione inferiore a 10.000 esemplari adulti, ovvero diminuita del 50 % in 10 anni o il cui areale di distribuzione si sia ridotto a meno di 20.000 kmq (VU);

6) Quasi minacciata (Near Threatened): quando almeno uno dei valori di riferimento rilevati sia di poco superiore ai precedenti (NT);

7) Minor preoccupazione (Least Concern): allorché non siano state rilevate gravi minacce alla sopravvivenza della specie(LC);

8) Carente di dati (Data Deficient): quando i dati rilevati siano insufficienti a determinare la posizione della specie nella graduatoria (DD);

9) Non applicabile (Not Evalued). quando la specie non sia stata valutata (NE):

I dati scientifici sulla base dei quali la Lista Rossa è compilata sono raccolti ed analizzati da un gruppo di ricercatori assai numeroso (circa 7500 in tutto il mondo), scienziati od esperti nei vari ambiti della zoologia, della botanica e di altre discipline biologiche e naturalistiche.

Oltre alla Lista Rossa mondiale che prende in esame una buona parte, se non tutte le specie esistenti sulla Terra, -tutte le specie per quanto riguarda gli animali Vertebrati-, vengono redatte delle Liste Rosse Regionali che vengono inviate ad organizzazioni ed enti statali affinché queste ultime prendano adeguati provvedimenti ed adottino le opportune misure per opporsi all’allarmante declino della biodiversità e all distruzione degli ambienti naturali.

Per le valutazioni effettuate a livello regionale alle categorie in precedenza descritte si aggiungono altre due categorie: Estinto nella Regione (“Regionally Extinct, RE), per le specie estinte nella regione presa in esame, ma che possono essere ancora presenti o anche relativamente frequenti in altre aree; e Non Applicabile (Not Applicable, NA), allorché la specie non possa essere inclusa tra quelle da valutare perché introdotta nella regione in epoca recente e quindi non autoctona, o per altre ragioni.

Tuttavia in linea di massima si può affermare che quando una specie sia dichiarata estinta o in grave pericolo in un’area regionale, difficilmente la sua popolazione avrà una discreta consistenza in altre aree, – a meno che non si tratti di una popolazione isolata-.

Lo Storione (Acipenser sturio), un pesce ormai in pericolo critico.
Lo Storione (Acipenser sturio), un pesce ormai in pericolo critico.

Per esempio lo Storione (Acipenser sturio) dichiarato estinto in Italia, lo è anche in quasi tutto il suo areale originario, che comprendeva quasi tutti i fiumi d’Europa appartenenti ai bacini del Mar Mediterraneo e dell’Oceano Atlantico; allo stato naturale sopravvive solo una piccola popolazione nella Garonna in Francia (è quindi classificato CR “in pericolo critico”): Questo pesce era comune in Europa fino agli inizi del 900, poi cominciò a rarefarsi vieppiù, anche a causa degli sbarramenti nei fiumi che gli impedivano di risalirne il corso per deporre le uova, ma fino agli anni ’70 era ancora pescato e presente nei mercati ittici dell’Italia settentrionale.

Al contrario la Gru (Grus grus) pure essendo estinta in Italia, nelle sue aree di nidificazione nell’Europa e Asia settentrionali è ritenuta “a minor preoccupazione” (LC).

LA LISTA ROSSA DEI VERTEBRATI ITALIANI

La ampia variazione di altitudine (dal livello del mare ai 4.810 m del Monte Bianco), la notevole estensione in latitudine (dai 47°, 05′, 29″ Nord della “Testa gemella Occidentale” nelle Alpi Aurine ai 35°, 29′, 26″ Nord della “Punta Pesce Spada” nelle isole Pelagie) e in longitudine (dai 6°,37′, 32″ Est dell’anticima nord della “Rocca Bernaude” ai 18°, 31′, 13″ Est di Capo d’Otranto) che caratterizzano il nostro Paese e la sua complessità geologica e orografica determinano il manifestarsi in esso di una grande diversità di climi e ambienti naturali. L’Italia si può considerare un “hot spot” (“punto caldo”) di biodiversità, soprattutto per la presenza di migliaia di specie endemiche, che rischiano di scomparire per sempre a causa delle alterazioni e delle immani distruzioni che la pressione antropica apporta agli habitat naturali.

La Gru (Grus grus), estinta in Italia, ma ancora relativamente numerosa in altre aree.
La Gru (Grus grus), estinta in Italia, ma ancora relativamente numerosa in altre aree.

Gli ambienti italiani ospitano una fauna assai multiforme: infatti la collocazione dell’Italia al centro del bacino del Mar Mediterraneo ha favorito la diffusione di specie provenienti da diverse regioni zoogeografiche, in cui si riscontrano popolazioni marginali di specie distribuite in prevalenza nelle aree della penisola Balcanica, dell’Africa settentrionale e dell’Europa centro-occidentale e atlantica. Per questo la Fauna italiana è (o era…) una delle più ricche e varie dei paesi europei, e circa il 10% delle specie sono endemiche, vale a dire presenti esclusivamente nel nostro paese.

Tuttavia questa abbondanza e diversità di specie animali e vegetali è purtroppo soggetta a numerose minacce derivanti dalle attività umane. La densità media della popolazione umana è di 202 abitanti per kmq, più alta della media della già troppo popolosa Europa. Ne consegue un tasso di conversione nell’uso del suolo oltremodo alto e in crescita progressiva nel tempo, per cui risulta sempre più raro imbattersi in luoghi non trasformati dall’opera dell’uomo  Sebbene l’abbandono delle aree rurali in favore delle città abbia talora avviato un processo di ricostituzione almeno parziale di taluni ambienti naturali, d’altro canto il consumo di risorse agricole da parte delle popolazioni cittadine è aumentato a dismisura, mentre l’intensificarsi dell’agricoltura e il prevalere di colture praticate con criteri industriali a scapito dei metodi antichi e tradizionali ha ridotto o eliminato del tutto gli spazi naturali nelle aree coltivate, rendendo queste ultime sempre meno adatte alle esigenze della Fauna.

Per contrastare i sempre più numerosi e minacciosi elementi di disturbo e di alterazione che incidono sulla persistenza della biodiversità, l’Italia negli ultimi decenni ha cercato di incrementare le iniziative volte alla conservazione della Flora  e della Fauna. La percentuale di aree protette nel territorio nazionale è cresciuta fino a circa il 12%, in linee con gli obiettivi indicati dalle convenzioni internazionali. In risposta alle direttive europee “Habitat” (92/43/CEE) e “Uccelli” (79/409/CEE), il governo italiano ha istituito un sistema di “Siti di Interesse Comunitario” (SIC) e “Zone a Protezione Speciale” (ZPS), congiuntamente denominati “Rete Natura 2000”, che copre il 21 % del territorio nazionale. Tuttavia queste iniziative tese a promuovere la conservazione della Natura si sono dimostrate finora largamente insufficienti a contrastare in modo davvero efficace l’aumento della pressione e del disturbo antropico sulle specie animali e vegetali, con la conseguenza di un ulteriore deterioramento negli ultimi anni dello stato della vita naturale nel nostro paese e un preoccupante avvicinamento di molte specie all’estinzione.

Su scala nazionale mancava un valido strumento per la valutazione del pericolo di estinzione della Fauna secondo criteri riconosciuti e stabiliti da organismi internazionali. La “Lista Rossa dei Vertebrati Italiani” ha appunto lo scopo di colmare questa lacuna diventando nel contempo uno strumento per favorire un più puntuale ed efficace intervento per la conservazione della Natura in Italia.

I VERTEBRATI ITALIANI

In Italia sono presenti 590 specie di Vertebrati terrestri o d’acqua dolce (97 Pesci d’acqua dolce, 44 Anfibi, 56 Rettili, 267 Uccelli nidificanti, e 126 Mammiferi. Oltre a queste specie, la Lista Rossa riguarda le 76 specie di Pesci Cartilaginei (o Condritti o Elasmobranchi) -che comprendono Squali, Mante, Razze e Chimere-, presenti nei nostri mari. Ove si escludano Pesci Cartilaginei ed Uccelli, -due classi animali molto mobili, la cui distribuzione travalica i confini nazionali-, tutte le altre classi di Vertebrati annoverano specie endemiche in Italia; in particolare, tra gli Anfibi quasi il 31% è esclusivo del nostro paese. Le specie endemiche sono prevalenti nella penisola, ma distribuite anche nelle isole maggiori.

Delle 672 specie di Vertebrati valutate nella ricerca italiana (576 terrestri o d’acqua dolce e 96 marine) 6 si sono estinte nel territorio nazionale in tempi recenti: oltre alla Gru e allo Storione citati in precedenza, lo Storione Laudano (Huso huso), il Gobbo Rugginoso (Oxyura leucocephala) -un’anatra-, la Quaglia tridattila (Turnix sylvatica) -che, nonostante il nome, non è un Galliforme come la Quaglia comune, ma appartiene all’ordine dei Gruiformi- e il Rinolofo di Blasius (Rinolophus Blasii) -un Chirottero, ovvero un Pipistello-;  altre 29 specie si trovano “in pericolo critico”.

Le specie minacciate di estinzione sono in tutto 161 (138 terrestri e 23 marine) pari al 28 % del totale. Considerando che per il 12% delle specie i dati raccolti sono carenti, posto che all’interno di tale percentuale un 28% sia a sua volta minacciato, si può stimare che nell’insieme ben il 31% delle specie di Vertebrati italiani corra nei prossimi anni un serio rischio di estinzione!

Ma vediamo ora in particolare la situazione delle principali classi delle quali consta il “Philum”, o “Tipo” dei Vertebrati (che alcuni però considerano un “Sottotipo” o “Subphilum” dei Cordati).

PESCI CARTILAGINEI

I Pesci cartilaginei, o Condritti (1), ai quali appartengono Squali, Razze, Mante e Chimere, sono assai sensibili e vulnerabili a tutte le variazioni e alterazioni dell’ambiente marino indotte dall’uomo e dalle sue spesso sconsiderate e dannose attività. Questi animali infatti hanno tra le loro caratteristiche la scarsa fecondità e la crescita lenta; essi sono da annoverare per la maggior parte tra i predatori alla sommità della catena alimentare per cui la loro consistenza numerica non è abbondante in natura. Per tali ragioni il rinnovamento delle popolazioni è sempre assai lento e ridotta la capacità di recupero dopo le rilevantissime perdite dovute alla pesca e ad altre minacce e aggressioni portate dalle attività umane alla loro sopravvivenza.

Nei mari italiani sono state segnalate 76 specie di Pesci Cartilaginei, ma di esse una decina possono essere considerate visitatori occasionali.

Si deve sottolineare peraltro la carenza di dati riguardo a molte specie: infatti per circa la metà di esse le informazioni disponibili non sono sufficienti per effettuare una valutazione attendibile sullo stato delle popolazioni. Tra le specie delle quali non è possibile offrire un quadro completo delle condizioni di vita sono presenti alcune di grande importanza, quali ad esempio gli squali appartenenti all’ordine dei Lamniformi (Squalo Bianco, Squalo Elefante, Mako, Smeriglio ed altri), che sono di sicuro minacciate e data la loro notorietà anche ai non esperti sono considerate specie emblema nelle iniziative a tutela dei Condritti, ed in generale della Fauna marina planetaria.

Un pesce Chitarra (Rhinobatos cemiculus).
Un pesce Chitarra (Rhinobatos cemiculus).

Tra le specie che hanno potuto essere classificate in una delle categorie di pericolo contemplate dalla Lista Rossa, alcune sono state considerate in pericolo critico, per gli evidenti, drammatici segni di declino che le loro popolazioni mostrano rispetto all’abbondanza del passato, anche recente, e che dimostra quanto nel giro di pochi anni la situazione nei mari, forse anche più che sulla terra- si sia paurosamente deteriorata. Tra di esse lo Squalo Volpe (Alopias vulpinus), la Canesca (Galeorhinus galeus) il Pesce Chitarra (Rhinòbatos cemiculus), il Pesce violino (Rhinòbatos rhinobatos), la Razza Bianca (Rostroraja alba), lo Spinarolo comune (Squalus acanthias), il Pesce angelo (Squàtina squàtina), la Squatina aculeata, la Squàtina oculata; anche i Palombi (pesci appartenenti al genere Mustelus), la Mòbula, o Manta mediterranea (Mobula mobular), e la Verdesca (Prionace glauca)  sono giudicate in stato di pericolo o vulnerabili, poiché mostrano un preoccupante declino nel numero degli esemplari, diminuiti di oltre il 30% negli ultimi anni.

Lo Squalo volpe, animale in pericolo critico.
Lo Squalo volpe, animale in pericolo critico.

Due specie, un tempo comuni nel Canale di Sicilia, risultano ora vicine allo stato di minaccia: la Razza Maltese (Leucoraja melitensis), a causa del ristretto areale geografico entro il quale vive, e lo Spinarolo Bruno (Squalus Blainvillei), specie sulla quale i rilievi effettuati indicano un netto declino.

Il gruppo dei Condritti il cui stato attuale non sembra per ora destare forti preoccupazioni risulta costituito in tutto da 16 specie, in gran parte di abitudini costiere.

Tuttavia il quadro complessivo che emerge dalle ricerca appare alquanto desolante, poichè segnala un allarmante diminuzione della maggior parte dei Condritti ancora presenti nei mari italiani: i dati disponibili per gli ultimi tre decenni mostrano una inarrestabile tendenza al declino delle specie di questo gruppo di Pesci e il persistere o l’accentuarsi della rarità di specie che in passato erano comuni, come la Verdesca e lo Squalo Volpe.

La principale causa di tale diminuzione o addirittura sparizione di intere popolazioni di Pesci Cartilaginei senza ombra di dubbio è la pesca: in particolare il deprecabile uso delle reti a strascico e dei “palangari” risulta essere devastante, poiché ha l’effetto di sterminare un enorme numero di specie ittiche e questo solo per l’unico, discutibile scopo di procurare ai piaceri della tavola esemplari di Pesci e Molluschi appetibili per la gola degli umani e remunerativi per i pescatori.

Un’altra rilevante minaccia alla sopravvivenza di questi animali è rappresentato dal degrado causato dalle attività umane (inquinamento, disturbo arrecato dai natanti, dalla balneazione, ecc.) agli ambienti marini importanti per la loro vita: infatti si conosce ancora poco circa le esigenze e le preferenze dei Condritti in fasi cruciali del loro ciclo vitale, come ad esempio la riproduzione.

Le iniziative volta alla conservazione di questo gruppo di Pesci purtroppo finora sono state in pratica inesistenti: manca infatti una legislazione normativa specifica a livello nazionale che dia attuazione agli interventi di tutela di alcune specie già previste da accordi internazionali e da disposizioni emanate dall’UE. E’ assolutamente indispensabile che efficaci norme protettive vengano emanate al più presto, soprattutto per ridurre i danni provocati dalla pesca indiscriminata, introducendo un severa regolamentazione della stessa; e per istituire aree protette adatte alle specie da salvaguardare con urgenza.

CONTINUA NELLA SECONDA PARTE

Note

1) La grande ed eterogenea classe dei Pesci delle antiche classificazioni è stata smembrata dalla recente scienza tassonomica in tre classi: a) i Condritti, -un tempo chiamati Selaci-, ovvero i Pesci con scheletro cartilagineo, suddivisa a sua volta nelle due sottoclassi degli Elasmobranchi (che comprende Squali e Razze) e degli Olocefali (il cui più caratteristico rappresentante è la Chimera); b) la classe degli Actinoptèrigi -già detti Teleostei- Pesci con scheletro osseo, alla quale appartiene il maggior numero di specie, sia marine, sia d’acqua dolce; c) i Sarcoptèrigi, che si articola nelle tre sottoclassi dei Celacantiformi, (chiamati pure Actinisti o Crossoptèrigi), a cui appartiene un solo genere vivente, la Latimeria; dei Dipnoi che comprende tre generi d’acqua dolce, che durante i periodi di siccità possono respirare per mezzo di polmoni e si intubano in una sorta di nidi di fango; e dei Tetrapodiformi, ora tutti estinti, considerati forme di transizione tra Pesci ed Anfibi, dei quali ultimi sarebbero i più diretti antenati. Ricordiamo che la Latimeria era creduta estinta da milioni di anni fino a quando nel 1938 ne furono pescati alcuni esemplari nell’oceano Indiano. Inutile dire che pure questo genere di Pesci è ora in pericolo critico e dopo solo 75 anni dalla sua “riscoperta” rischia ora di riscomparire definitivamente!

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5 Risposte a “SPECIE IN PERICOLO (prima parte)”

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