L’ETA’ DELL’ACQUARIO E LA PROFEZIA DELLA PIRAMIDE (prima parte)

Da alcuni decenni si parla, spesso a sproposito, dell'”Età dell’Acquario”, la cui venuta dovrebbe condurre a una profonda rigenerazione, a una sorta di palingenesi dell’umanità e del mondo intero, intedendo che questa età di rinnovamento dovrebbe iniziare entro breve, o addirittura essere già iniziata. Ebbene non è così, dal momento che l’età dell’Acquario comicerà solo nel 2444!

L’avvicendarsi delle età cosmiche, denominate da una costellazione zodiacale, è determinato dalla “precessione degli equinozi”, ovvero dallo spostamento annuale verso occidente del “punto gamma” (o “punto vernale”), ossia del punto di intersezione dell’eclittica con l’equatore celeste al momento dell’equinozio di primavera (e per questo detto “punto vernale” < latino “ver,-ris” = “primavera”).precessione-equinozi-2 Tale spostamento, dovuto alla precessione dell’asse di rotazione terrestre, fu notato per la prima volta dal grande astronomo greco Ipparco di Nicea nel 120 a.c. circa, che lo dedusse dal confronto delle posizioni di alcune stelle con quelle osservate 150 anni prima da altri due astronomi, Timòcari e Aristillo, ma si suppone che fosse stato intuito già da Egizi e Babilonesi.

Fu tuttavia solo Isaac Newton che nel 1687 riuscì a spiegare in modo esauriente il fenomeno, la cui causa principale risiede nell’attrazione gravitazionale esercitata congiuntamente dal Sole e dalle Luna sulla prominenza equatoriale della Terra, attrazione che produce un movimento dell’asse terrestre tale da fargli descrivere nel tempo una forma conica. Come risultato di questo movimento, il punto gamma si sposta rispetto alla sfera celeste di un grado ogni 72 anni. In modo analogo i poli celesti compiono un movimento in cerchio sulla volta siderale, cosi che nelle varie epoche le posizioni vicine ai poli sono occupate da stelle diverse. Il polo nord celeste, -come è risaputo-, è occupato attualmente dalla Stella Polare (Alpha Ursae Minoris).cielo04_1 Un giro completo del punto gamma e dei poli celesti viene effettualo in 25920 anni, periodo che viene chiamato “Grande Anno Platonico”; questo periodo viene suddiviso in 12 ere, che durano all’incirca 2160 anni ciascuna, l’inizio delle quali è dato dalla coincidenza del punto vernale con il primo grado di una costellazione dello zodiaco siderale, dalla quale prende il nome.

Ciascuna di queste grandi ere segna una fase nello sviluppo della Terra e dell’umanità. L’età di LEO è durata dal 10515 all’8355 a.c.: in questo periodo si dovrebbero collocare l’ascesa, il massimo splendore e l’inzio della decadenza di Atlantide; durante il suo corso l’umanità avrebbe raggiunto notevoli vette di civiltà e di sviluppo culturale e scientifico. La prodigiosa civiltà atlantidea venne però distrutta da un improvviso e immane cataclisma, probabilmente causato dalla fine dell’ultima glaciazione nel 9600 a.C. Lo scioglimento dei ghiacciai, con il conseguente innalzamento del livello degli oceani e dei mari, fecero sì che il continente su cui sorgeva Atlantide venisse sommerso dalle acque; i pochi scampati al disastro regredirono in modo spaventoso. Questo cataclisma è quasi certamente da identificare nel “diluvio universale” del quale parlano diverse tradizioni mitiche.

Nell’età di CANCER, iniziata nell’8354 a.c., dopo la quasi totale decadenza, si sarebbe verificata una faticosa ripresa: gli eredi di Atlantide, che si erano sparsi in molti luoghi in Europa, Asia, Africa e forse nelle Americhe, cominciarono a costruire i megaliti in varie aree del mondo; a questa età risale anche la costruzione del primo tempio megalitico di Stonehenge.

Nella successiva età di GEMINI, dal 6195 a. C., continua e si rafforza il nuovo corso della storia terrestre; cominciano a delinearsi le principali razze umane e la distribuzione della popolazione sulla Terra che si ebbe in questo periodo rimarrà, nelle sue linee principali, quella esistente fino a tempi relativamente recenti; questa situazione sembra adombrata nei miti e nelle tradizioni di diversi popoli relative al ripopolamento della Terra dopo il diluvio. E’ l’età mitica dei semidei e degli eroi, ma anche della realtà più controllabile della preistoria.

Con l’età di TAURUS, dal 4035 a.C., entriamo nella storia vera e propria, almeno qual’è ufficialmente conosciuta, e riconosciuta. Nascono le prime grandi civiltà umane accertate con sicurezza, in particolare quella egizia e quelle mesopotamiche: è l’era del leggendario “Re Scorpione” e di Menes, -altrimenti detto Narmer-, il primo faraone che unificò l’Alto e il Basso Egitto; dei regni sùmeri e dell’impero accadico di Sargon il Grande. Non a caso il Toro ha una particolare importanza simbolica e figurativa in queste civiltà e nei loro culti.

Nel 1874 a.C. ha inizio l’età di ARIES: in essa assistiamo alla luminosa ascesa, al fastoso splendore e alla lenta decadenza dei grandi imperi del Vicino Oriente e dell’Asia occidentale, alla nascita e all’affermazione delle civiltà greca e romana, nonchè di quelle fiorite in altre aree del mondo (India, Cina, America meridionale). Questa età, che, -com’è ovvio-, è assai meglio conosciuta delle precedenti, si protrae fino al 285 d.C.

Da quell’anno comincia l’età di PISCES, nella quale ci troviamo tuttora. Essa segna il trionfo del cristianesimo in Europa, ma in seguito anche dell’Islam in molte parti dell’Asia e dell’Africa. Si verifica un profondo arretramento culturale nell’Europa centro-occidentale, seguito da una stentata ripresa. L’umanità imbocca poi la strada di un grande sviluppo industriale e tecnologico, ma a detrimento dei valori spirituali e della ricerca interiore.

Prima di esaminare le interpretazioni che sono state date delle piramidi che si elevano maestose nella pianura di Ghiza, sobborgo del Cairo, del simbolismo che è stato loro attribuito e del messaggio profetico che dovrebbero contenere. -in particolare la più grandiosa di esse, quella di Cheope-, credo sia opportuno darne alcune notizie in generale.

Nelle dimensioni e soprattutto nella disposizione di queste tre piramidi, di gran lunga le più note e ammirate di tutto l’Egitto, si è vista una trasposizione terrena della “Cintura di Orione”, le tre stelle centrali della costellazione di Orione,orione quelle che segnano la vita e i fianchi del personaggio che si è ravvisato nella costellazione in esame; questa costellazione, una delle più belle e facilmente riconoscibili del cielo boreale, chiaramente visibile dall’autunno alla primavera, fu identificata dai Greci con Orione, il mitico cacciatore, ucciso da un enorme scorpione (il quale fu poi a sua volta trasformato nella costellazione omonima), mandatogli contro da Gea, o da Artemide, che volevano punirlo per la sua iattanza.

Per gli Egizi invece questa affascinate costellazione rappresentava, anzi era l’immagine, di Osiride, il dio morto e risorto. Le tre piramidi corrisponderebbero alle tre stelle centrali, -i cui nomi sono ALNITAK, ALNILAM e MINTAKA, che costituiscono per l’appunto la “cintura”-, e dunque al cuore di Osiride; ed in effetti la grandezza e la maestosità delle piramidi riflettono la luminosità delle tre stelle: Alnilam, la più splendente, è rappresentata dalla piramide di Cheope; Alnitak, la seconda per splendore, da quella di Chefren; e infine Mintaka, la minore, dalla piramide più piccola, quella di Mykerinos.pyramids

Cheope, colui al quale si deve la costruzione di questo enorme monumento, fu il secondo faraone della quarta dinastia, che durò all’incirca tra il 2625 e il 2510 a.c.; a lui  è attribuita la composizione di un leggendario “Libro della Conoscenza”, il quale però non sarebbe un testo scritto, poiché tale “libro” sarebbe in effetti da riconoscere nella piramide edificata dal faraone, che conterrebbe, se la si sappia correttamente interpretare, svariati insegnamenti scientifici e mistici.

La piramide di Cheope sarebbe stata terminata (usiamo sempre il condizionale perchè la determinazione cronologica delle opere risalenti ad alta antichità sono quasi sempre approssimative, senza contare le ipotesi di coloro che fanno risalire le piramidi ad un epoca assai più remota di quanto non sia affermato dall’archeologia accademica) intorno al 2570 a.C., -e quindi nel pieno dell'”età del Toro”-.foto_egitto_009_piramidi_giza E’ alta attualmente 138 metri, ma in origine la sua altezza era di 147 m (ovvero circa 231 cubiti); ora la sua superficie appare “a gradoni”, ma allo stato iniziale era rivestita di pietra calcarea, -rivestimento che ancora conserva in parte sulla sommità-, ed era sormontata da un “pyramidion” (una “piramidina”), cioè una cuspide, d’oro.

Con il trascorrere dei secoli il rivestimento scomparve per l’opera degli agenti atmosferici e dell’erosione del vento, ma soprattutto perchè esso fu impiegato come materiale da costruzione per altri edifici (in modo simile a quanto avvenne per altri celebri monumenti dell’antichità). La piramide è costituita da 203 file di blocchi di pietra ed i lati che compongono il perimetro della base sono lunghi 227 m (ma in principio la loro lunghezza era di 230,50 m). Si può accedere al suo interno attraverso un ingresso posto sul lato nord, oltre il quale si sale attraverso un basso corridoio fino all’inizio della “Grande Galleria”; a quel punto un altro corridoio conduce alla “Camera della Regina”; ritornando poi alla “Grande Galleria” (alta m 8,50), si devono percorrere più di 47 metri, per poi proseguire in un breve corridoio orizzontale, che introduce alla “Camera del Re” (dalle dimensioni di 5,20 X 10,40 m ed un’altezza di 5,85 m), in granito rosa di Assuan, che è il vero cuore della piramide e nella quale si trova un sarcofago vuoto e scoperchiato.giza_13g Il soffitto della stanza è formato da nove blocchi di granito del peso di 400 tonnellate ed è protetto da un dspositivo costituito da cinque compartimenti disposti uno sull’altro; due lunghi sfiatatoi consentono l’aerazione dell’ambiente.

L’interno del misterioso monumento rimase inviolato per moltissimi secoli fino a quando, nell’anno 820 della nostra era, il califfo abbasside Abdullah al-Mamùn decise di scoprire il segreto che si celava nella Grande Piramide. Egli possedeva dei documenti dai quali aveva appreso che nell’interno della piramide esistevano numerosi cunicoli, uno dei quali avrebbe dovuto condurre ad una stanza colma di favolose ricchezze. Il califfo fece aprire un varco tra i massi che rivestono la possente costruzione e penetrò all’interno, scoprendo un passaggio che scendeva verso il centro della piramide; di colpo però esso si interrompeva: alcune pietre squadrate impedivano l’accesso  a quello che è ora conosciuto come il “Corridoio Ascendente”. Dovendo aggirare l’ostacolo, gli operai del califfo ripresero  a scavare, spostando enormi blocchi di pietra per aprirsi un varco percorribile; scoprirono quindi un lungo corridoio in salita, che, nelle speranze di al-Mamùn, avrebbe dovuto essere la stanza del tesoro. Quel locale era però simile ad una sala funeraria, tanto che vi si trovava un sarcofago. Di tesori in quel luogo non si vedeva neppure l’ombra; ma anche il sarcofago che avrebbe dovuto contenere la mummia del faraone era vuoto.

In nessuna delle tre piramidi di Ghiza è mai stato ritrovato il corpo di alcun sovrano, nè alcun altro oggetto, prezioso o meno. E’ un mistero anche il fatto che i vani entro tali edifici non siano stati decorati con geroglifici e disegni e siano del tutto nudi e spogli, senza alcun ornamento o iscrizione. In realtà è assai probabile che le piramidi di Ghiza non siano state affatto edificate per custodire le spoglie mortali dei faraoni, ma per ben altre finalità.

E’ degno di nota che di questa impresa del califfo al-Mamùn tratta pure una breve narrazione della “Mille e una notte”. Questo califfo era figlio del ben più noto Harùn ar-Rashid, che è protagonista di parecchie storie della famosa raccolta di novelle orientali, e a lui succedette nel califfato nell’813, dopo una lotta con il fratello al-Amin. In questo racconto, dove viene fatta una breve descrizione della piramide e dei tesori che essa avrebbe custodito, si legge quanto segue. “Dicono gli antichi che nell’interno della piramide occidentale vi sono trenta ambienti di granito colorato, pieni di gemme preziose, di monete in quantità e di immagini singolari, strumenti ed armi magnifiche, le quali sono spalmate di unguenti composti con magia, in modo da non arrugginire fino al giorno del giudizio. Si trova nella piramide vetro pieghevole che non si rompe, ogni specie di droghe raffinate e di acque preparate, ed altre cose ancora. Nella seconda piramide sono celate le cronache dei sacerdoti scritte su lastre di granito; ciascun sacerdote ha la sua lastra, sulla quale sono iscritte le meraviglie della sua arte e le sue azioni. Sulle pareti vi sono immagini di persone, simili a idoli, che compiono con le mani i lavori di tutte le arti, e queste figure sono sedute su gradinate.

Testa ritenuta un ritratto del califfo Al-Mamùn:
Testa ritenuta un ritratto del califfo Al-Mamùn.

Ciascuna piramide ha il suo tesoriere che la custodisce; detti custodi la preservano, attraverso i secoli, da ogni calamità che potrebbe accaderle”.

Questa descrizione, -assai lontana da quanto effettivamente si è visto esservi nelle piramidi (anche ammettendo che nei secoli possano essere state compiute delle spoliazioni) e che ricorda alquanto quella di altre “caverne del tesoro” presenti in varie storie delle “Mille e una notte”-, è tuttavia una significativa testimonianza di quanto la fama della leggendaria sapienza egizia e del mistero che la circondava fosse ancora viva nella cultura araba nei primi secoli dell’Islam. D’altra parte questa tradizione si riconnette al tema del “tesoro”, nascosto e custodito in tombe o caverne, che, ben lungi dall’essere una mera ricchezza materiale, è simbolo di ricchezza spirituale, della “luce interiore”, che deve essere cercata nelle profondità dell’essere e dello spirito, rappresentate a loro volta dalla caverna (si ricordi che spesso le divinità redentrici nascono in una grotta, da Dioniso, a Mitra , a Gesù Cristo). Questo tema, ampiamente presente nella novellistica orientale (e in particolare, come abbiamo accennato sopra, proprio nelle “Mille e una Notte”), si ritrova spesso anche nella tradizione occidentale: dalla fossa sotterranea.venuta alla luce durante un furioso temporale, dove Gughes (ovvero Gige) trova il cadavere del misterioso cavaliere con l’anello dell’invisibilità (storia narrata da Platone nel II libro della “Repubblica”), alla famosa “Tabula Smaragdina”, dove sono espressi i fondamenti del pensiero ermetico, rinvenuta nella tomba di Ermete Trismègisto da Sara, moglie di Abramo, ovvero da Mosè, o da Alessandro Magno, o da altri illustri personaggi, a seconda delle differenti versioni della storia, ai libri di magia contenuti nella tomba di Virgilio, trafugati da un misterioso medico inglese al tempo di re Ruggero II d’Altavilla.

Rimanendo nell’antico Egitto, il “tesoro della sapienza” è uno dei fondamentali elementi della vita intellettuale e spirituale di quel mondo, espresso ad esempio nela suggestiva storia di SETNA, il quale, dopo una lunga ricerca, scopre l’anelato “libro di Thot” nella tomba del principe NEFERKAPTAH, -libro che, come dicevamo, si può reperire solo nei penetrali della propria interiorità-.

Tornando alla piramide di Cheope, non possiamo fare a meno di osservare che le dimensioni, le proporzioni e l’orientamento di questo grandioso monumento  oltre a suscitare indicibile stupore, mostrano una serie di particolarità e di coincidenze a dir poco sconcertanti. Si ritiene che la piramide consista di 2.300.000 blocchi di pietra aventi un peso variabile tra due e trenta tonnellate ciascuno, ma alcuni pesano ben 70 tonnellate.Le pareti di rivestimento del manto esteriore pesavano 15 tonnellate ciascuna ed erano disposte con un’accuratezza e una precisione tali da avere uno scarto inferiore a un centesimo di pollice (equivalente a 25,4264 mm). La malta usata per tenere insieme i blocchi è di origine sconosciuta; sebbene sia stata analizzata e sia nota la sua composizione chimica, non può essere riprodotta.

L’unità di misura adottata dai costruttori della Grande Piramide è il cùbito sacro, cosiddetto perchè usato dai sacerdoti; esso era diviso in 25 pollici piramidali, ed equivaleva a 0,635660 metri. Questa linghezza è la decimilionesima parte del raggio terrestre, valutato secondo calcoli recenti in 6356700 metri. Se si moltiplica l’altezza originaria della piramide (148,208 m) per un miliardo, si ha con notevole approssimazione la distanza della Terra dal Sole; se si moltiplica la lunghezza del pollice piramidale (25,4264 millimetri) per 100 miliardi si ottiene la lunghezza del percorso della Terra nella sua orbita in giorno; e se questo arco meridiano viene espresso in cubiti piramidali risulta un numero che è multiplo del pi greco (3,1416).gizapiramide1

La Grande Piramide è rivolta al nord geografico con solo tre sessantesimi di grado di errore; è probabile che all’epoca della sua costruzione si trovasse in allineamento  esatto. La sua altezza è di 5449 pollici: questa è l’altitudine media del suolo terestre sopra il livello del mare. I punti centrali dei quattro lati della base sono fatti ad incastro con una precisione straordinaria, così da formare otto segmenti della medesima lunghezza. A causa dell’angolazione della piramide e della sua latitudine, essa non dà ombra nel giorno dell’equinozio di primavera. La lunghezza dei lati che compongono il perimetro di base è (o per meglio dire era quando fu edificata) di 365,2425 cùbiti sacri, corrispondenti al numero dei giorni di un anno; la somma delle diagonali della base risulta essere di 25.826,53 pollici piramidali, equivalenti al numero di anni della precessione degli equinozi (ovvero di un “grande anno platonico”). Se la misura dell’altezza della piramide viene assunta come raggio di un cerchio, la circonferenza di tale cerchio è uguale al perimetro della base della costruzione.

Si deve inoltre segnalare che l’ingresso della piramide è orientato in  modo esatto, secondo quanto risulta dai calcoli di sir John Herschel, verso quella che era la stella polare all’epoca dell’edificazione, cioè Alpha Draconis; e che il meridiano passante per il vertice della piramide attraversa su tutta la superficie terrestre la maggior quantità di terre emerse. Numerose sono le altre coincidenze che inducono a pensare  che la piramide di Cheope sia stata destinata a tramandare non solo dati astronomici e geofisici, ma anche misure di capacità, di peso, di temperatura, ecc. cheope_piramide2

L’abate Theophile Moreux (1867-1954), insigne astronomo e meteorologo, raccolse in un libro intitolato LA SCIENZA MISTERIOSA DEI FARAONI questo complesso di conoscenze, di insegnamenti e di messaggi più o meno segreti. L’architettura interna della piramide, intricato sistema di corridoi e di camere, nella quale si deve ravvisare la trasposizione architettonica del “Libro dei Morti”,- il principale testo profetico e sapienzale degli Egiziani, che illustra in 156 capitoli il destino ultraterreno dell’uomo-, costituirebbe una visione mistica della storia dell’umanità.

Il corridoio di entrata corrisponde al periodo di preparazione e di iniziazione al mistero dell’Universo nelle età che sono spiritualmente decadute dopo la costruzione della piramide. Si giunge poi ad una biforcazione, che era celata dall'”architrave segreto”, un blocco di granito che fungeva da botola; il corridoio discendente conduce dopo 77 metri alla “Camera della Follia”, che sembra costruita sottosopra, con il soffitto liscio e il pavimento scabro, sulle cui pareti sono dipinti uomini che si fendono il cranio con delle scuri: quivi finiscono, senza speranza di redenzione, coloro che si inoltrano nella via discendente.

Atraverso il corrridoio ascendente dopo una quarantina di metri si giunge invece alla “Sala della Verità nell’Ombra”, dalla quale si distaccano un passaggio orizzontale che porta alla Camera della Regina e la Grande Galleria, detta anche la “Sala della Verità nella Luce”.

La "Grande Galleria".
La “Grande Galleria”.

Questi due ambienti, secondo il Libro dei Morti, hanno eccezionale importanza perchè simboleggiano rispettivamente la “Rinascita spirituale” e la venuta della “Vera Luce dall’Oriente”. Alla fine della Grande Galleria si trova il “Grande Scalino”, inizio della preparazione in vista della “Consumazione dell’Età (o del Tempo)” e della “Restaurazione del Tutto”; da esso per due bassi cunicoli e un’anticamera si accede alla Camera del Re. Questi tre ultimi passaggi significano, secondo il Libro dei Morti, : il primo basso cunicolo il “Periodo del Caos”; la seguente anticamera la “Tregua nel Caos”; il secondo ed ultimo cunicolo, più basso di tutti gli altri, l’estrema umiliazione prima di penetrare nel “sancta sanctorum”, dove come atto conclusivo di questo difficile percorso, si solleverà davanti all’uomo infine redento il “Triplice velo”.

La Camera del Re, che contiene un sarcofago vuoto di granito rosa perfettamente levigato, è chiamata la “Camera del Mistero e della Tomba aperta”, nonchè la “Sala del Giudizio e della Purificazione” e pure la “Morte sommersa dalla Luce”, denominazioni oscure e suggestive che stanno a significare che l’uomo dovrà aver compiuto, purficandosi, tutto il percorso di iniziazione e di ascesa alle vette spirituali.

Il sarcofago nella "Camera del Re"della piramide di Cheope.
Il sarcofago nella “Camera del Re”della piramide di Cheope.

Questa è l’interpretazione che si può dare dei corridoi e delle stanze .che si trovano all’interno della piramide di Cheope; ma già alla fine del XIX secolo si cominciò a formulare delle ipotesi secondo le quali questa specie di labirinto sarebbe la rappresentazione cronologica espressa in forma spaziale di una profezia. Alcuni scienziati, misurando le distanze in pollici spaziali, scoprirono che ad ogni punto in cui il percorso si sviluppa corrispondono date precise. Ora passeremo in rassegna alcune delle molte teorie e interpretazioni che sono state avanzate.

Un certo H.J.Fromann pubblicò un libro, intitolato LA STORIA DELLA PROFEZIA, nel quale viene proposta una cronologia dgli avvenimenti indicati nella Grande piramide. Nelle mie ricerche non mi è stato possibile finora reperire informazioni su questo autore, nè sull’epoca in cui scrisse il libro; ho trovato l’esposizione della sua teoria ed interpretazione in un testo dell’esoterista italiano Alfonso Del Bello edito nel 1940, ma probabilmente scritto qualche anno avanti. Tuttavia, dai riferimenti che Fromann fa alla prima guerra mondiale e alla grande depressione economica del 1929, si deduce che il suo libro deve essere stato scritto poco tempo prima di quello di Del Bello. Questa precisazione è importante per valutare la veridicità della parte della sua esposizione che tratta degli eventi del periodo successivo alla stesura dell’opera, fino ai giorni nostri e oltre.

In questo libro si afferma: “La Grande Piramide nei suoi corridoi di entrata significa il periodo intercorso tra l’edificazione di essa e l’esodo degli Ebrei, cioè dall’anno 2625 al 1486 a.c”. Secondo il Fromann dunque l’anno di costruzione -nel testo non è precisato se dell’inizio o della fine-  sarebbe il 2625 a.c.; in realtà, secondo l’ipotesi più accreditata, l’edificazione della piramide di Cheope sarebbe iniziata intorno al 2600 a.c. e sarebbe terminata nel 2570 a.C.; il tempo occorso per il compimento dell’opera sarebbe stato dunque di circa 30 anni, come è confermato pure da Erodoto (Storie, II, 124), il quale precisa che furono impiegati 10 anni per spianare le strade e allestire le strutture preparatorie e 20 anni per l’edificazione vera e propria.

Stuetta reffigurante il faraone Cheope.
Statuetta reffigurante il faraone Cheope.

Il 2625 a.c. è però l’anno in cui ebbe inizio il dominio della IV dinastia, della quale Cheope fu il secondo faraone. Di lui, che in realtà si sarebbe chiamato Khnum-Khuefui (=”Khnum mi protegge”) (1), non si hanno molte notizie storiche; si sa che fu figlio di Snefru, il fondatore della dimastia, e della regina Hetepheres. Secondo Erodoto fu un sovrano dispotico e crudele, ma può darsi che questa cattiva fama sia derivata proprio dalla piramide che fece costruire, che, agli occhi di Erodoto, doveva essere costata inenarrabili fatiche e sofferenze agli Egiziani. E in effetti anche su Chefren, la cui piramide è la seconda per altezza di tutto l’Egitto, egli esprime un giudizio negativo; al contrario di Mykerinos (Menkaura) afferma che fu un sovrano giusto e mite.

Se le notizie propriamente storiche sono poche e controverse, Cheope (2) è tuttavia il protagonista di una ricca tradizione narrativa, nella quale, come osserva Nicholas Grimal, -nella sua “Storia dell’Antico Egitto”-, “egli appare sempre nell’aspetto tradizionale del leggendario sovrano orientale, piuttosto benevolo, sempre avido di udire narrazioni fantastiche, gentile e comprensivo con gli inferiori, ma incurante della vita umana”. La sua figura nella forma in cui fu trasfigurata dalla leggenda acquista dunque tratti simili a quella di altri sovrani dell’oriente assurti quasi a simbolo della regalità, nei suoi aspetti positivi, ma anche in parte negativi, quali Sargon il Grande, Salomone o Ciro di Persia; ma in particolare, proprio per la viva curiosità e l’attrazione per i racconti avventurosi ed avvicenti, ricorda il già menzionato califfo Harùn ar-Rashid della “Mille e Una Notte”, ed anche, sempre per rimanere nell’ambito di questa celebre raccolta di novelle, al re Sharyar, protagonista della storia che fa da cornice a tutta l’opera.

E storie simili a quelle delle “Mille e Una Notte” sono in effetti quelle del “papiro Westcar”, che contiene un’opera letteraria nella quale alcuni nobili e principi narrano a Cheope delle storie meravigliose, nel tentativo di riscuoterlo dal torpore e dalla depressione nei quali era caduto, Questo famoso papiro, risalente al XVII secolo a.C., prese il nome da un avventuriero inglese, Henry Westcar, il quale, venutone in possesso in modo poco chiaro, lo portò dall’Egitto in Inghilterra nel 1824; esso misura m 1,69 x 0,33 e si trova attualmente nel Museo di Berlino, ove giunse nel 1886. Nei racconti in esso contenuti possiamo osservare che le meraviglie operate dai maghi egiziani appaiono come un chiaro precedente di alcune delle imprese compiute poi da Mosè e da Aronne, con le quali mostrano sorprendenti analogie.

Ad esempio, nella storia narrata dal principe Bauf-Ra, -uno dei figli di Cheope-, un mago compie una “separazione delle acque” che sembra precorrere in scala ridotta, la famosa separazione delle acque del Mar Rosso che avrebbe fatto Mosè (o, più esattamente, che Mosè avrebbe impetrato ed ottenuto da Jahwè).

Ancelle egiziane.
Ancelle egiziane.

Si racconta dunque che il re Snefru, -padre di Cheope-, sentendosi in preda alla tristezza e allo scoramento, chiese ai nobili della sua corte di escogitare qualche espediante per rallegrarlo, ma non riuscendo essi a trovare nulla di adatto allo scopo, egli diede ordine che il sacerdote e scriba Djadja-em-ankh fosse condotto alla sua presenza. Questi consigliò al faraone di organizzare un gita sul lago (nel testo non è precisato di quale lago si trattasse), per la quale si sarebbero dovuti portare venti remi d’ebano, intarsiati d’oro, e venti aggraziate fanciulle che avrebbero remato e cantato per allietare Snefru. Avvenne però che a una delle fanciulle, mentre era intenta a vogare, si impigliarono i capelli in un ramo che si protendeva sul lago e, a causa di questo, il prezioso fermaglio di turchese che portava nella chioma le cadde in acqua. Allora intervenne di nuovo il sacerdote, il quale, con un incantesimo, separò le acque del lago, di modo che fu possibile recuperare il monile.

NOTE

1) Khnum è il dio, raffigurato con testa d’ariete, al quale era attribuita la creazione dell’uomo, che egli avrebbe modellato con l’argilla su un tornio da vasaio (idea che fu ripresa nella creazione di Adamo narrata nella “Genesi”), Khnum era anche il guardiano delle cateratte del Nilo, e con la sua opera oculata assicurava le regolarità delle inondazioni del grande fiume che vivifica l’Egitto.

2) l’unica immagine sicuramente riferibile a Cheope, -poichè ne reca scritto il nome-, è una minuscola statuetta d’avorio  alta 7,5 cm, che è conservata al Museo Egizio del Cairo, e che è mostrata nell’illustrazione a fianco del testo.

CONTINUA NELLA SECONDA PARTE

 

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