GLI HYKSOS ERANO GLI ANTENATI DEGLI EBREI? (considerazioni e riflessioni sulle popolazioni semitiche avanti l’era volgare) -prima parte-

La tesi dell’identità degli Hyksos, o di una parte di essi (poichè, come abbiamo visto, non si trattava probabilmente di una popolazione unitaria, ma di un insieme di genti, peraltro di esclusiva o prevalente stirpe semitica) con gli antenati di quello che diventerà il popolo ebraico è stata più volte sostenuta, fin dai tempi di Giuseppe Flavio, ed in effetti appare assai fondata, anzi la più fondata tra quelle proposte finora sull’origine di questo popolo.

Esistono tuttavia, specie tra gli sudiosi moderni, voci discordanti che ravvisano, sia pure in forma dubitativa, l’origine  degli Israeliti in altre genti nomadi o seminomadi che percorrevano le contrade del Vicino Oriente nel secondo millennio a.C., e in particolare negli “Hapiru” (o “Hebiru”, o “Khabiru”, a seconda delle trascrizioni del nome), popolazione di incerta origine e deteminazione citata in testi egizi e cananei.  Nei testi più antichi che tramadano le loro gesta essi sono ricordati come nomadi e predoni; sembra che in origine fossero insediati ai confini tra il paese di Sumer e l’Elam, nella Mesopotamia sud-orientale, donde poi dilagarono effettuando incursioni e scorrerie nei territori babilonesi, in Siria e in Palestina, fino ai confini dell’Egitto; sono segnalati nel XIX secolo a.c. nell’Anatolia centrale, nel XVIII sec. a Mari -città dell’Alta Mesopotamia sull’Eufrate-, e poi ad Alalakh, antica città della Siria del nord; li ritroviamo in testi redatti al tempo del faraone Thutmosis III (1458-1425 a. c.), dove un gruppo di essi appare stanziato in Egitto e dedito alla coltivazione di orti e vigne.

Il faraone Thutmosis III.
Il faraone Thutmosis III.

Poi  ricompaiono in una relazione sulla terza campagna condotta dal faraone Amenhotep (Amanofi) II  (1425-1401 a c.) contro lo stato del Mitanni, fondato dai Khurriti, ed esteso tra l’Anatolia orientale e la Siria settentrionale, dove, tra i molti prigionieri, figuravano anche 3600  Hapiru, al servizio dei dinasti locali siriani alleati dei Khurriti. Sono poi largamente presenti nelle “tavolette di Amarna”, rnivenute in gran numero nell’archivio della capitale del regno egizio fondata dal faraone Amenofi IV, meglio noto come Akhenaton, profeta della nuova religione solare monoteistica, contenenti gli scambi epistolari e la corrrispondenza diplomatica intercorsa tra il sovrano egiziano e i sovrani dei piccoli stati della Palestina meridionale suoi vassalli. Sono citati ancora nei testi egizi, e in particolare in una stele eretta nel forte di Beth Shan in territorio cananeo, a circa sei km dalla riva occidentale del Giordano, nei quali si ricorda la campagna del faraone Sethi (o Sethos) I, -il padre di Ramses II- contro i vassalli palestinesi, i quali mostravano velleità indipendentistiche, e che in quell’occasione si avvalsero dell’opera dei mercenari hapiru.

Testa maschile che raffigura un "hapiru".
Testa maschile che raffigura un “hapiru”.

Da queste relazioni sembrerebbe che gli Hapiru non avessero un'”identità culturale”, -come si direbbe oggi-, ben definita: essi sembrano adeguarsi nei costumi e nella religione alle società con le quali venivano a contatto nelle loro migrazioni, esercitando in genere mansioni di mercenari o artigiani. Pertanto, si potrebbe dire che presentano delle affinità con gli Zingari dell’età moderna.

Sebbene fossero in prevalenza nomadi, è assodato che fondarono almeno una città, chiamata AIAPIR, ed ebbero un re di nome Hanni; dalla pronuncia babilonese del nome della città è presumibile sia derivato il nome con il quale questa popolazione è conosciuta. Organizzati in bande di piccole dimensioni, gli Hapiru servirono diversi signori locali, con una fedeltà, divenuta proverbiale, verso coloro che li assoldavano. Alcuni testi cuneiformi parlano infatti di un certo IDRIMI, re di Alalakh dal 1490 al 1450 a.c., il quale, sentendosi in pericolo a causa delle mire espansionistiche dei suoi potenti vicini, si rifugiò nell’accampamento degli Hapiru, rimanendovi per ben 7 anni .

Idrimi, re di Alalakh (statua conservata al British Museum di Londra).
Idrimi, re di Alalakh (statua conservata al British Museum di Londra).

Agli Hapiru furono affidati anche compiti di polizia: in  un testo del XIII sec. a.c. trovato a Ras-Shamra (l’antica Ugarit) è riportato un accordo tra questi briganti e il sovrano ittita Hattusil III (1275-1250 a.c.) con il quale quest’ultimo si impegnava a consegnare al re di Ugarit tutti i ricercati che avessero cercato scampo nel territorio degli Hapiru.

Propende, pur senza affermarla in modo perentorio, per l’identificazione tra Hapiru ed Ebrei l’illustre storico dell’Antico Egitto Nicolas Grimal, secondo il quale la presenza di costoro in Egitto è ampiamente attestata sotto il regno di Ramses II, e vi erano anzi numerosi. Egli afferma inoltre che la più importante comunità di Hapiru conosciuta, quella stabilitasi nel paese di Madian -sulla costa orientale del golfo di Aqaba- e in particolare nella regione di Elath-, era libera e commerciava con l’Egitto. Ed in effetti gli scavi archeologici eseguiti nei pressi di Elath hanno portato alla luce un tempio dedicato ad Hathor (si ricordi tra l’altro che “elath”, in lingua cananea ed in altre lingue semitiche, significa “dea”), oltre a documentare il culto di divinità indigene.

Sabastino Moscati (in “Antichi Imperi d’Oriente”) , a proposito degli Hapiru (o Khabiru, come sono chiamati dall’esimio studioso) osserva che “i loro nomi variano di tipo e di nazionalità da parte a parte [cioè da luogo a luogo], sicchè non pare trattarsi di una popolazione unitaria. Quanto alla domanda sull’identificazione con gli Ebrei, questa è molto dubbia anche linguisticamente, sicchè si deve con ogni probabilità rispondere in modo negativo”.

Ed in effetti, analizzando con attenzione e senza prevenzioni ideologiche il testo della “Genesi”, nella parte ove si tratta delle peregrinazioni di Abramo e dei suoi discendenti, si evince senza alcun dubbio che gli spostamenti da essi compiuti, prima dalla Mesopotamia verso la Palestina meridionale e poi verso l’Egitto, furono una migrazione, o, meglio, una serie di migrazioni spontanee e su larga scala, non senza un susseguirsi di trasferimenti alternati tra Palestina ed Egitto (e si ricordi che il dominio degli Hyksos si estendeva, oltre che all’Egitto, alla Palestina meridionale, che era stata la loro base di partenza); e non certo una prigionia, una deportazione o un trasferimento coatto o comunque temporaneo, come dovette essere per i gruppi di Hapiru presenti in Egitto. Inoltre anche gli Ebrei nella narrazione biblica appaiono un’etnia dominate nella società egiziana, con funzioni di potere e di prestigio, che certo gli Hapiru, o altre genti, non avevano mai avuto, condizione questa che si attaglia perfettamente agli Hyksos; salvo poi perdere questa posizione dominante, a causa della sconfitta militare dei sovrani hyksos nella realtà storica, per motivi non chiaramenti precisati nel racconto biblico (dove si parla in modo generico di gelosie suscitate dal loro predominio politico ed economico e dall’aumento della loro popolazione, giudicato ormai intollerabile dagli Egizi). Caratteri questi che, oltre ai dati linguistici ed onomastici, che fanno sì che il riscontro storico alla presenza deli Ebrei in Egitto narrata dalla Bibbia sia ravvisabile assai più nella dominazione degli Hyksos che nella presenza di comunità hapiru, o di qualunque altra popolazione, nella Terra del Nilo nelle epoche precedenti lo stanziamento israeltico in Palestina.

Allo stato attuale delle ricerche storiche nulla si sa della sorte degli Hyksos un volta che le classi dirigenti da loro espresse perdettero il potere ed essi (o una parte di essi) furono cacciati. E’ più che legittimo ipotizzare che una buon numero di essi rimasero in terra d’Egitto, ma non più in condizioni di dominanza e di privilegio, ma al contrario in una stato di subordinazione o addirittura di semischiavitù.

Da qui l'”Esodo” avvenuto secondo quasi tutti gli studiosi nell’ultimo periodo del regno di Ramses II (che regnò tra il 1279 e il 1213 a.c.), sotto la guida di Mosè, che, come dichiara il suo nome (“Moshe” è termine egizio che significa figlio, ed appare in numerosi antroponimi -Kamoshe, Thutmoshe, ecc.-; usato da solo, privo di determinazioni ha il valore di “bambino”), era quasi certamente un egiziano, il quale o per convinzione, o per opportunità politica, o forse per entrambe, si avvalse della dottrina monoteistica, che più di un secolo prima era stata proclamata dal faraone Amenhotep IV (Akhenaton), e che, sebbene ufficialmente condannata e respinta, doveva essere sopravvissuta in forma sotterranea, per conferire un’identità e una coscienza nazionale a una popolazione composita ed eterogena, che avrebbe poi fondato lo stato ebraico.

Sulla figura di Mosè torneremo in seguito; ora facciamo un passo indietro per esaminare il quadro etnico dell’area siro-palestinese nelle età che precedettero l’invasione (o meglio la lunga migrazione) degli Hyksos in Egitto, tra la fine del III millenio a.c. e la prima metà del secondo millennio a.c.

Innanzitutto si deve rilevare che in quest’area sono attestate alcune delle forme più antiche di insediamento urbano conosciute: si ritiene che talune città, ad esempio Gerico, risalgano addirittura all’8000 a.C.! La civiltà di primitivi agricoltori che diede vita a tali insediamenti è stata chiamata “Natufiana”, dal nome della località di Uadi en-Natuf, nell’alta valle del Giordano, dove furono trovati i primi reperti archeologici.

La presenza di popolazioni nomadi o seminomadi di origine semitica, che si erano in genere stabilite nei centri urbani pre-esistenti, risulta documentata almeno fino dal 3000 a.c. Costoro dovrebbero essere gli antenati dei Cananei, stanziati nelle età più recenti (dal 1000 a.c.) soprattutto sulle coste del Mar Mediterraneo, ma che nelle età più antiche dovevano occupare anche alcune zone dell’interno. Il nome CANAAN (che nella “Genesi” è attribuito a uno dei figli di Cam) e di CANANEI deriva dall’accadico KINAHHU, che si riferisce al colore rosso della porpora che tali popolazioni estraevano dai murici (molluschi gasteropodi che contengono il prezioso umore in un sacchettino nel loro corpo, in particolare il “Murex brandaris”)

Esemplare di "Murex brandaris", dal quale si estraeva la porpora.
Esemplare di “Murex brandaris”, dal quale si estraeva la porpora.

e sulla quale avevano costruito le loro fortune economiche (l’industria della porpora fu fiorente nei centri di Tiro e Sidone per moltissimi secoli fino all’età bizantina). Questo termine corrisponde dunque perfettamente al nome PHOINIKES, con il quale li chiameranno più tardi i Greci. Sembra però che gli etnonimi citati fossero usati solo dagli altri popoli per designarli e loro non avessero un nome collettivo per indicare sè stessi: gli abitanti di ciascuna città si chiamavano con un termine derivato dal nome della città in cui risiedevano.

Obelischi di stile egiziano nell'antica città di Byblos.
Obelischi di stile egiziano nell’antica città di Byblos.

La città più importante abitata da queste stirpi pre-fenicie nel II millennio a.C. era Ugarit, nel nord della Siria, dove gli scavi hanno portato alla luce, oltre a imponenti testimonianze archeologiche, importntissimi testi che ci illuminano soprattutto sulla religione praticata da questa gente. Tale città, che era entrata nell’orbita dell’Impero Ittita, fu distrutta intorno al 1200 a.C. dall’invasione dei cosiddetti “Popoli del Mare”, che sconvolsero gli assetti politici e le stesse civiltà del Vicino Oriente in quel periodo e (dei quali riparleremo); ma la sua eredità fu ripresa poi dalle città-stato fenicie che si svilupparono nl primo millennio a.c. (Tiro, Sidone, Biblo, ecc.).

Si presume peraltro che il centro di irradiazione delle popolazioni di stirpe e lingua semitica sia la parte nord-orientale della penisola arabica, ai confini con la mesopotamia. E’ da qui che sembra provenire il popolo che fondò il primo vasto stato semitico della storia, il regno di Accad (o Akkad), e il primo importante sovrano di tale stirpe, SARGON, detto  “il Grande”.

Sargon il Grande.
Sargon il Grande.

Egli, partendo dala città di Kish, intorno al 2350 a.c. conquistò gli stati sumeri della Mesopotamia meriidionale dove risiedeva il popolo che aveva espresso una delle prime grandi civiltà  se non la prima grande civiltà in assoluto (almeno tra quelle sicuramente documentate, senza addentrarsi in ipotesi più azzardate, come quelle sulla enigmatica Atlantide, che sarebbe la “madre” di tutte le antiche civiltà -e che esamineremo in altra sede-) e diede inizio ad un impero. Gli Accadi peraltro assimilarono in larga parte la civltà sùmera, fondendola con le proprie tradizioni. La figura di Sargon il Grande è molto interessante, anche perchè presenta caratteristiche di regalità che saranno proprie nelle età successive dei sovrani del Vicino Oriente in genere e mesopotamici in particolare, diventando un prototipo e un esempio del re orientale, e, come vedremo meglio nel seguito della nostra esposizione, mostra singolari tratti in comune con quella di Mosè, a cominciare dalla leggenda della sua nascita -infatti anch’egli fu affidato dalla madre alle acque di un fiume -in questo caso l’Eufrate- dentro un cestino incatramato-. Secondo questa leggenda, – che si ripete in forma simile per vari personaggi della storia antica (si pensi anche a Romolo e Remo, a Ciro di Persia, ecc.), la madre di Sargon era una sacerdotessa di Inanna, dea sumerica della fecondità e del pianeta Venere -ma che possedeva pure qualità guerriere-, assimilata poi ad Ishtar, la quale aveva fatto voto di castità; non essendo riuscita a tenere fede al suo voto, ella partorì in segreto il frutto della sua colpa nella città di Azupiranu e pose poi il neonato in una cesta di vimini che venne affidata alle acque dell’Eufrate. Incagliatasi la cesta tra alcune canne sulle sponde del fiume, essa venne rinvenuta da Laibum, giardiniere dei palazzi reali di Kish, il quale adottò il bambino e lo allevò presso la corte. Qui il piccolo Sargon crebbe e fu educato apprendendo i fondamenti delle lettere e della religione sumero-semitica e l’arte della guerra.

In seguito il re di Kish, di nome Ur-Zababa, nominò Sargon suo coppiere. Sargon fece uno strano sogno, nel quale vide la dea Inanna che annegava nel sangue il re. Egli racconta la visione apparsagli in sogno al suo signore e questi, spaventato dal presagio funesto, decide di farlo uccidere dal sovrintendente dei fabbri reali, Belishtikal, ma la dea Inanna interviene a salvarlo. Allora il re Ur-Zababa lo invia alla corte di Lugal-zaghesi, sovrano della città di Uruk, con una tavoletta nella quale chiedeva  a quest’ultimo di mettere a morte il latore del messaggio. A questo punto il testo che contiene questa storia, la cosiddetta “Leggenda sumerica di Sargon” si interrompe.

Espansione delle conquiste di Sargon di Accad.
Espansione delle conquiste di Sargon di Accad.

Sappiamo tuttavia che egli si impadronì del trono di Kish, mosse guerra al regno di Uruk e poi ad altri re della Mesopotamia meridionale, espandendo sempre più il suo regno.

Dopo aver conquistato tutta la Mesopotamia meridionale, si volse a quella settentrionale e all’alta Siria, dove assoggettò i piccoli, ma floridi regni di Mari e di Ebla, anch’essi semtici, ma appartenti a un ramo diverso (forse lo stesso dei Proto-Cananei). Queste due città, oggetto di accurati scavi nel 900, hanno lasciato numerose e importantiassime testimonianze archeologiche ed epigrafiche, in particolare il famoso archivio reale di Ebla, dove furono trovate ben 17000 tavolette d’argilla, intere o in frammenti, scritte in cuneiforme, riguardanti diversi argomenti, ma in prevalenza di carattere economico e amministrativo.

Il più importante fra i successori di Sargon fu suo nipote Naram-Sin (figlio del secondogenito di Sargon, Manishtushu), che fu re di Accad dal 2254 al 2218 a. C.;

Immagine di Naram.Sin sulla famosa stele che da lui prese nome (custodita al British Museum di Londra)
Immagine di Naram.Sin sulla famosa stele che da lui prese nome (custodita al Louvre di Parigi).

sotto la sua guida il regno accadico la sua massima estensione e potenza giungendo dal golfo Persico alle rive del Mediterraneo. Ma poco dopo la sua morte iniziò una fase di declino, che si concluse con crollo dell’impero nel 2150 a. C.

La dinastia iniziata da Sargon durò meno di un secolo prima di dissolversi sotto la spinta di congiure e di forze disgregatrici interne che favorirono l’invasione di una popolazione di incerta origine, i Gùtei, provenienti dai monti dello Zagros; essi, dopo aver depredato Agade, la capitale del regno di Accad, costituirono un governo scarsamenre organizzato, ma poi cominciarono ad assimilare la cultura sumero-accadica. Dopo mezzo secolo di questa dominazione, i Sùmeri riuscirono a riprendere il sopravvento e fondarono l’ultimo regno della loro storia.

Intorno al 2000 a.c. si verificò una nuova imponente migrazione di genti semitiche, gli Amorrei, altrimenti detti Amoriti (dall’accadico AMURRU = “occidente”), i quali invasero prima la Mesopotamia e da lì, seguendo la solita linea di espansione, che, evitando di percorrere le vastità desolate del deserto arabico, risaliva lungo l’Eufrate in direzione del Mar Mediterraneo, si stabilirono nell’Alta Siria, che da loro prese il nome di AMURRU. Qui essi fondarono nuove città, ma soprattutto ridiedero splendore ad antichi insediamenti, che già erano stati conquistati da Sargon il Grande, città quali Ebla, Mari, Haleb, Harran e Qatna, e costituirono notevoli stati, quali il potente regno di Yamkhad, con capitale Haleb, l’attuale Aleppo, che durò fino al 1600 a.C. allorchè fu annesso dagli Ittiti (due re di questo regno si chiamarono Hammurabi, ma non sono da confondere con il più famoso Hammurabi babilonese); e il regno di Mari, così chiamato dal nome della sua capitale, situata sulle rive dell’alto corso dell’Eufrate, che dopo un periodo di grande splendore, specie nel periodo in cui fu re Zimri-Lim, fu conquistato nel 1758 a.c. da Hammurabi di Babilona e annesso al suo vasto impero.

Ricostruzione. -in una immagine moderna- della città di Ur.
Ricostruzione. -in una immagine moderna- della città di Ur.

In Mesopotamia gli Amorrei scelsero come capitale un centro fino ad allora di modesta importanza al quale diedero il nome di BAB-EL (o meglio BAB-ILU) = “porta del dio”, poi noto nella forma ellenizzata di BABYLON (Babilonia), nome che passò poi a indicare, oltre la città, tutta la regione della Mesopotamia centrale. Qui iniziarono la dinastia che giungerà al suo culmine con Hammurabi (1792-1750 a.c.), figlio di Sin-Muballit, sesto re della dinastia, il fondatore del secondo grande impero mesopotamico e il primo propriamente “babilonese”.

Veduta delle rovine di Babilonia.
Veduta delle rovine di Babilonia.

E’ incerto se Hammurabi abbia conquistato anche l’Assiria, la regione attraversata dall’alto corso del TIgri, con capitale Assur, nome identico e derivato da quello del dio eponimo del popolo, anch’esso semitico, che l’abitava. Tale regione già in  precedenza era stata sottomessa al regno di Akkad ed in seguito, intorno al 2000 a.C., vi si era costituito un regno, che aveva raggiunto una certa vastità ed importanza, specie sotto il re Shamsi-Adad I (1812-1780 a.c.). Peraltro l’Assiria, se non da Hammurabi, fu annessa dal suo successore, Samsu-Iluna, e tornò indipendente verso il 1550 a.c.

Rilievo babilonese con i glifi delle divinirtà astrali: Shamsh (Sole), Sin (Luna) e Ishtar (Venere).
Rilievo babilonese con i glifi delle divinirtà astrali: Shamsh (Sole), Sin (Luna) e Ishtar (Venere).
inannavenere
La dea Ishtar in. piedi su un leone

 

Hammurabi è rimasto famoso soprattutto per il codice di leggi da lui emanato, considerato il primo testo guridico organico di cui sia abbia memoria, che consta di circa 300 articoli trattanti varie materie sia civli sia penali. Sul piano religioso, durante il regno di Hammurabi si affermano vieppiù e ricevono culto sempre più solenne le divinità astrali SHAMASH (Sole), SIN (Luna -divinità maschile-) e ISHTAR (il pianeta Venere), nonchè ADAD (il Cielo tempestoso e apportatore di piogge); ma soprattutto MARDUK, il dio nazionale e protettore di Babilonia, il quale nell'”Enuma elish”, il principale testo sacro della religione mesopotamica, assurge alla funzione di demiurgo dell’Universo e creatore dell’uomo; di converso, diminuisce l’importanza delle antiche divinità sùmere, come ANU, ENLIL ed EA. Nel periodo amorreo si presume che sia stato anche fissato nella sua forma definitiva il testo dell’ENUMA ELISH (il titolo datogli dagli studiosi moderni deriva dalle parole con cui comincia, che significano. “Quando nell’alto…”), il poema di sette canti in versi ritmici nel quale sono esposte la cosmogonia e la teogonia assiro-babilonesi, anche se le redazioni scritte giunte fino a noi non risalgono a prima del 1000 a.C.

L'Impero di hammurabi.
L’Impero di Hammurabi.

Dopo la morte di Hammurabi, durante il regno del suo successore Samsu-Iluma, -già ricordato-, nella parte più meridionale del dominio babilonese, sulle rive del Golfo Persico, – e per questo denominata il “Paese del Mare”-, dove già i due fiumi che con le loro acque donavano la vita e la prosperità a tutta la Mesopotamia andavano sempre convergendo -e che si sarebbero poi uniti-,dove si trovava l’antichissima città di Ur, scoppiò un ribellione. Il “Paese del Mare” si separò dall’impero sotto la guida del re Rim-Sin II, il quale diede inizio alla “prima dinastia del P. del Mare”, che durò fino al 1500 a.c. circa, quando il suo ultimo re, Ea-gamil, fu sconfitto dal sovrano cassita Ulam-Buriash.

Nonostante questo distacco, il primo impero babilonese godette ancora di notevole potenza e prosperità, che saranno poi interrotte dall’invasione dei Cassiti, detti pure Cossei, poco dopo il 1600 a.c. I Cassiti erano una popolazione “asianica” (cioè di lingua non semitica e non indoeuropea, così come lo erano i Sùmeri, i Khurriti e gli Elamiti), -anche se, dall’onomastica dei re e degli alti funzionari, sembra che presso di loro fosse presente un’influenza o una componente di origine iranica-, che proveniva dalle montagne della catena dello Zagros. Peraltro l’aggettivo “asianico” non è molto felice, poichè le genti citate in precedenza non avevano nulla in comune; è solo una determinazione di comodo, per designare popolazioni dell’area del Vicino e Medio oriente che non rientravano nei due grandi gruppi etno-linguistici ai quali appartenevano la maggior parte dei popoli che dimorarono in quelle contrade. Erano guidati dal re Gandash, il quale, dopo aver sconfitto il re babilonese Gulkasir, fondò un nuovo regno mesopotamico che chiamò KARDUNIAS. Per quanto il loro livello di civiltà fosse nettamente inferiore a quello dei conquistati,essi, come avevano già fatto i Gutei, assimilarono rapidamente la civiltà babilonese. Il loro dominio durò fino al 1160 a.c., quando tramontò sotto i colpi dei regni di Assiria e di Elam (nell’odierno Iran sud-occidentale).

CONTINUA NELLA SECONDA PARTE

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