GLI HYKSOS E ALTRE GENTI (considerazioni sulle popolazioni semitiche avanti l’era volgare) -seconda parte-

Durante il periodo cassita l’Assiria si era sottratta al predominio di Babilonia, ma fu poi sottomessa dal potente stato khurrita di Mitanni (1), a partire dal XV sec. a.c. Liberata dalla soggezione al regno mitannico da ASSURUBALLIT (1363-1328 a.C.), -che fu l’iniziatore del “Medio Regno” assiro e intrattenne legami matrimoniali con i sovrani cassiti, tanto che suo nipote Kurigalzu divenne re di Babilonia-, ebbe un grande sovrano in Adad-Nirari I (1305-1274 a.c.), che ampliò i confini del suo regno verso nord.

Il Regno di Mitanni nel periodo della sua massima estensione.
Il Regno di Mitanni nel periodo della sua massima estensione.

Il regno di Mitanni, che era stato fondato ed aveva il suo centro in una regione posta tra la Siria nord-orientale e l’Anatolia, si era poi irradiato nelle aree circostanti sia ad est, sia ad ovest, espandendosi in Assiria a oriente, e nella Siria e nel Kizzuwatna (il paese dell’Anatolia mediterranea che assumerà poi il nome di Cilicia) ad occidente – regioni queste ultime che aveva strappato all’impero ittita- giungendo all’acme della sua potenza sotto il governo del re Barattarna. La supremazia di questo stato nel Vicino Oriente fu però di breve durata, poichè tanto l’Assiria quanto l’impero ittita riuscirono a riconquistare le terre perdute e poco più di un secolo dopo, regnante Shattiwaza, circa nel 1330 a.c., si era ridotto alle dimensioni iniziali, per poi finire dopo alcuni decenni inglobato dall’impero assiro, ormai lanciato ad essere il nuovo protagonista delle vicende della “Mezza Luna Fertile”.

In quel periodo, tra il XIV e il XIII sec. a.C:, mentre in Mesopotamia andava declinando il regno babilonese sotto la dinastia cassita e cominiciava la sua inarrestabile ascesa quello assiro, che sarebbe poi divenuto nei primi secoli del millennio seguente la prima potenza del Vicino Oriente, -ma che ancora non giungeva ad affacciarsi sul Mediterraneo-, la regione siro-palestinese appariva suddivisa in due larghe zone di influenza, una al nord e una al sud, controllate rispettivamente dagli Ittiti e dagli Egizi.

L'Impero Egizio e l'Impero Ittita nel 1300 a.C. circa
L’Impero Egizio e l’Impero Ittita nel 1300 a.C. circa

Questa situazione portò tuttavia a numerosi contrasti tra quelle che erano allora le massime potenze dalla regione, ciascuna delle quali mirava ad estendere il suo dominio. Si arrivò così ad una guerra aperta che culminò nella famosa battaglia di Kadesh, città sulle rive del fiume Oronte, nella Siria settentrionale, il cui re era vassallo dell’Impero Ittita, combattuta nel 1274 a.c. tra l’esercito egiziano guidato dal faraone Ramses II e quello ittita al comando del re Muwatalli II.

Questa battaglia ebbe esito incerto, sebbene le fonti egiziane l’abbiano esaltata e magnificata come una grande vittoria del faraone, e di fatto lasciò la situazione invariata, che tale rimase fino a quando intorno al 1190 a.c. l’Impero Ittita non si dissolse definitivamente, in parte sotto i colpi dell’invasione dei “Popoli del Mare”, un insieme di genti bellicose, di stirpe forse indo-europea -almeno in parte-(2), proveniente probabilmente dalle isole e dalle coste orientali del Mar Egeo, che sconvolsero gli equilibri degli stati che si affacciavano sul Mediterraneo orientale; in parte, e forse soprattutto, a causa di una profonda crisi interna che l’invasione di quei popoli aveva fatto precipitare.

Confrontando l’arco temporale nel quale avvennero l’espansione amorrea prima in Mesopotamia e poi in Siria, -che, come si è detto, è databile al 2000 a.c. circa-, e la penetrazione degli Hyksos in Egitto, che inizia intorno al 1800, con quello corrispondente alla migrazione di Abramo e della sua tribù, narrata nella Bibbia, da Ur, città sùmera poi semitizzata, sita nella bassa Mesopotamia, prima verso Harran, nella Siria settentrionale, poi verso la Palestina (o meglio la “Terra di Canaan”), dove la tribù si stabilì, -peraltro con frequenti trasferte in Egitto-, è ipotizzabile che tale migrazione si sia svolta tra queste due date, vale a dire tra il 2000 e il 1800 a.c. In effetti nel trasferimento verso la Siria settentrionale si può plausibilmente ravvisare l’espansione amorrea, mentre la discesa verso la terra che, in età assai più tarda, sarebbe poi stata chiamata Palestina (dal nome del popolo dei Filistei che vi si insediò nel XII secolo a.c.) corrisponderebbe all’emergere degli Hyksos. E’ probabile peraltro che questi ultimi , -i quali, come abbiamo visto, non sono da considerare una popolazione omogenea-, fossero costituiti non solo da Amorrei, o comunque da genti di provenienza mesopotamica, ma pure da Cananei, cioè dai Semiti stanziati nel sud della Siria e nella Palestina fin dal 3000 a.C. e delle quali si conosce assai poco, se non che si trovavano nella zona d’influenza dell’Egitto e che dovevano avere scarsa consistenza numerica (per cui questa terra era considerata piutttosto “vuota” e aperta alla possibilità di nuovi insediamenti), nonostante in questa terra fossero presenti centri urbani antichissimi, -come ad esempio Gerico, ritenuta una delle città più antiche del mondo, se non la più antica in assoluto-, risalenti all’epoca natufiana. E un’ulteriore conferma dell’identità tra Hyksos e Israeliti è offerta dall’esame della situazione linguistica delle popolazioni semitiche occidentali: infatti queste genti parlavano idiomi che erano forme o varianti poco diverse tra loro di una stessa lingua, il CANANEO o CANANAICO, dalla cui ulteriore differenziazione, dalla fine del II millennio a.C. in poi, nacquero e si svilupparono il FENICIO, l’EBRAICO, il MOABITICO e il SINAITICO, – che rimasero comunque assai simili-(3).

La città di Ur sorgeva, come abbiamo detto, nella Mesopotamia meridionale, nell’attuale Iraq, non lontano dal golfo Persico (che a quei tempi era assai più vicino, poichè i depositi alluvionali dei due grandi fiumi mesopotamici, dai quali la regione stessa trasse il nome, che ancora non si riunivano nella parte finale del loro corso, con il volgere dei secoli ne hanno provocato il parziale interramento). Fu sede di un glorioso regno sumero nel III millennio a.C. e ha lasciato di questo periodo una ricchissima documentazione,

L'arpa di Ur.
L’arpa di Ur., conservata nel Museo Nazionale di Baghdad.

in particolare per quanto riguarda la prima e la terza delle dinastie che vi dominarono: soprattutto nella necropoli reale della prima dinastia, che consta di circa 1850 tombe, sono stati trovati veri e propri tesori, tra i quali un’arpa decorata con una testa d’ariete e un casco d’oro finemente lavorato; le molte donne ivi sepolte sono magnificamente vestite e adorne di sontuosi gioielli.

La città appartenne in seguito ai vari regni che si succedettero in quella parte della Mesopotamia (Accad, Regno Babilonese, Paese del Mare, Assiri) ed ebbe una certa rinascita con i sovrani dell’Impero Neobabilonese, -detto pure Caldeo-, specie Nabucodonosor II (604-562 a.c.) e Nabonedo -o Nabonido (ultimo sovrano babilonese indipendente, poichè lo stato mesopotamico fu conquistato da Ciro il Grande di Persia)- (555-539 a.c.), anche perchè la città era una delle sedi principali del culto del dio lunare assiro-babilones Sin, che si era sovrapposto al suo corrispondente sumero, e del quale Nabonedo era sacerdote.

Ad Ur fu costruita nel 2550 a.c. circa una grandiosa ziqqurat (la “ziqqurat” era il tempio sopraelevato su una struttura piramidale tipico dell’architettura e della religione mesopotamica) dedicata al dio della Luna Nannar, intorno alla quale si trovava un recinto sacro con un piccolo sacrario che fungeva da “tesoro” delle offerte votive e la casa della sacerdotessa. La ziqqurat fu distrutta dagli Accadi, ma fu ricostruita dal re Ur-Nammu della III dimastia intorno al 2100 a.c. Ne rimane il piano inferiore, che, nonostante i danni subiti nelle recenti vicende belliche e dell’occupazione che ha subito di recente l’Iraq, è tuttora uno dei monumenti antichi meglio conservati del paese.

Dal tempo di Alessandro Magno Ur cominciò a subire un’inarrestabile decadenza, accelerata dallo progressivo spostamento del corso dell’Eufrate, dal quale dipendeva l’intera vita cittadina.

La denominazione “Ur dei Caldei” riferita alle epoche più remote, anteriori all’XI sec. a.C., e che si trova in particolare nella Bibbia, è però anacronistica, poichè i Caldei furono una popolazione (si presume un ramo della stessa stirpe degli Aramei), originaria forse dell’Arabia orientale, che nell’XI secolo a.C. entrò nella Mesopotamia meridionale e movendosi da sud a nord occuparono gran parte del paese. Con i loro condottieri presero dimora soprattutto nelle campagne, lasciando le città principali ai primitivi abitanti della regione. Sorsero così piccoli stati caldei che vennero a conflitto con il popolo babilonese poichè i loro sovrani miravano a conquistare la corona reale di Babilonia. In difesa dei Babilonesi intervennero talvolta gli Assiri, mentre i Caldei godevano del favore dell’Elam, potente stato che si estendeva nell’attuale Iran sud-occidentale.

Sull’origine del nome “Caldei” e “Caldea” (con il quale nel primo millennio a.C. fu designata la Mesopotamia meridionale affacciata sul golfo Persico), e sul suo significato etnico, i pareri degli studiosi sono però discordi ed incerti. Secondo F. Delitzsch la voce “Kaldu” (con le varianti “Kaldi” e “Kalda”), -che divenne nella forma greca “Caldea” usata nell’età ellenistica e romana- doveva sonare all’inizio “Kashdu” e significare la “regione dei Cassiti”; con il trascorrere del tempo Kashdu, in conformità con l’evoluzione fonetica della lingua assira, si trasformo in Kaldu. Nelle iscrizioni cuneiformi assire finora note non si incontrano forme con -sh-; però è verosimile che esistesse un paese di nome “Kash-da”, da cui sarebbe derivata anche la voce biblica “Kasdim” (Ezechiele, XXIII, 23 = i Caldei), che induce a supporre che vi fosse anche la pronuncia Kashdu accanto a Kaldu. Qualcuno ha avvicinato Kaldu al nome di Kardunias (che come abbiamo detto era il nome della regione babilonese sotto il dominio dei Cassiti), pensando di identificare Kaldu e Kardu,-ipotesi che sarebbe senza dubbio verosimile, visto il legame del nome con la stirpe dei Cassti-.; altri ancora hanno tirato in ballo Kesed, nipote di Abramo.

Rovine di Ninive, capitale dell'Assiria.
Le mura di Ninive, capitale dell’Assiria.

Ma finora non si è giunti ad alcun risultato davvero valido per fare luce sul complicato problema etno-geografico dei Caldei.

Tuttavia sappiamo che nelle iscrizioni cuneiformi “Kaldu”, o “Kashdu”, designò dapprima la regione babilonese centrale; poi si generalizzò per indicare tutta la Mesopotamia centro-meridionale. Presso gli scrittori classci -greci e romani- “Chaldaea” e “Chaldaei” ebbero significati diversi e corrispondenze territoriali differenti secondo le epoche. Fra gli storici moderni si usò spesso il nome geografico Caldea quale sinonimo di Babilonia (escludendo peraltro le fasi più remote di questa civiltà). Ma forse il significato più appropriato da dare al termine è quello dell’insieme delle contrade più o meno estese che i Caldei occupavano durante la loro avanzata in Mesopotamia.

il re Merodach-Baladan.
il re Merodach-Baladan.

Intorno al primo periodo dei Caldei disponiamo di scarse notizie: si sa che tre loro re costituirono la seconda dinastia del “Paese del Mare” (1025-1005 a.c.). Dal periodo di Salmanassar III di Assiria (858-824 a.c.) le informazioni sono più copiose: nei documenti sono riferite spesso le incursioni dei re assiri nel paese di Kaldi e gli omaggi e i tributi che essi ricevevano. Dopo un periodo di indebolimento dell’Assiria, re Tiglatpileser III (744-727) rafforza di nuovo il potere del suo stato e sostiene i re legittimi di Babilonia contro gli invadenti Caldei. Da un piccolo stato di questi, Bit Amukkani, sorse allora un fortunato principe, Ukinzer (noto anche ai Greci con il nome di Kìnzeros), il quale riuscì a salire sul trono di Babilonia. Fu il primo principe della sua stirpe che pervenisse a tale dignità, tenendola però per breve tempo. Dopo di lui, spunta l’astro di Merodach-Baladan (o meglio Marduk-apla-iddina II), il vero campione dell’indipendenza caldea: proclamato dai suoi re di Babilonia, resiste per quasi 12 anni dal 721 al 710 agli attacchi del potentissimo Sargon II di Assiria; finchè, scacciato dalla sua patria (Bit Yakin, il “Paese del Mare”) è costretto a rifugiarsi presso gli Elamiti; poi, sotto il successore di Sargon, Sennacherib (705-681) riprende vigore per poco, ma è vinto nella battaglia di Kish (702) e deve così ritirarsi definitivamente. Un altro principe caldeo, Mushezib-Marduk riesce tuttavia a conquistare la corona di Babilonia nel 692; ma è battuto come gli altri  e condotto prigioniero in Assiria.

Veduta di Ninive, capitaledell'Assria, in quadro dell'800.
Veduta di Ninive in un quadro dell’800.

Durante il regno di Asarhaddon (680-669 a. C.), il figlio di Merodach-Baladan, Nabuzirkinishlishir, tenta una ribellione contro il dominio assiro, che però fallisce, pertanto deve fuggire nell’Elam; ma qui, interrompendo la tradizionale politica di amicizia verso i Caldei, il re Khumban-Khaltash II inaspettatamente lo fa imprigionare e poi condannare a morte. Dal canto suo l’altro figlio di Merodach-Baladan, Naid-Marduk, per evitare inutili sofferenze a sè a al suo popolo, decide di sottomettersi ad Asarhaddon.

Sotto il governo di Assurbanipal (668-626), continuano le rivolte contro gli Assiri: Nabubelshumi, nipote di Merodach-Baladan, si unisce ai seguaci di Shamashshumukin, fratello di Assurbanipal, che si era sollevato contro di lui, mentre pure nel “Paese del Mare” e in altri stati caldei scoppiano insurrezioni contro i dominatori. Ma nel 625 i Caldei, sotto la guida di Nabopolassar, il quale inaugura una nuova dinastia, trionfano in modo definitivo, rendendosi del tutto indipendenti dal dominio assiro.

La "porta di Ishtar" a Babilonia, costruita da re Nabucodonosor II.
La “porta di Ishtar” a Babilonia, costruita da re Nabucodonosor II.

Alcuni anni più tardi, nel 612, con l’aiuto dei Medi, che avevano costituito un forte regno nella regione dello Zagros, i Caldei invadono la stessa Assiria, mettendo fine al secolare predominio di quest’ultima in Mesopotamia, e nel Vicino Oriente: con loro ha inizio l’Impero Neobabilonese, altrimenti detto Caldeo, l’ultimo grande impero mesopotamico, che durerà fino alla conquista ad opera di Ciro il Grande di Persia nel 539 a.C., con la quale cesserà la storia della Mesopotamia indipendente poichè da allora in poi questa regione importantissima nella storia e nella civiltà, sul piano politico farà sempre parte di entità statuali più ampie (in genere gli imperi iranici) , -pur continuando ad avere notevole rilevanza (si pensi che sotto i Seleucidi, gli Arsacidi e i Sassanidi la capitale dei loro imperi fu in Mesopotamia, a Seleukia-Ctesifonte, la nuova città città fondata da Seleuco Nicatore (4) agli inizi del III secolo a.C. nei presso del luogo dove sorgerà poi Bagdad)-. Uno stato autonomo corrispondente a buona parte dell’antica Mesopotamia (non tutta) rinascerà solo nel XX secolo quando, dopo la prima guerra mondiale, dalle ceneri dell’Impero Ottomano sorse, tra gli altri stati, il regno dell’Iraq (divenuto poi repubblica nel 1958).

Il "mushussu", il drago protettore di Babilonia, che compare insieme a tori, leoni e altri animali sulla"porta di Ishtar"
Il “mushussu”, il drago protettore di Babilonia, che compare insieme a tori, leoni e altri animali sulla”porta di Ishtar”

Nell’età successiva alla conquista di Ciro, e poi in quella ellenistica e romana il termine Caldei, divenuto sinonimo di Babilonesi, acquisì anche il significato di sapienti orientali, esperti nell’astronomia, nell’astrologia e nella divinazione. Si deve peraltro sottolineare che dopo la conquista persiana in Mesopotamia si sviluppò e si affermò un culto e una spiritualità di tipo sincretistico nei quali l’antica religione assiro-babilonese, che nell’ultimo periodo di storia indipendente aveva accentuato i suoi caratteri astrali, si fondeva con lo zoroastrismo praticato dai nuovi dominatori: per questo talvolta i sapienti caldei sono stati confusi con i “magi” persiani, cioè i sacerdoti della religione di Zoroastro, i quali, come ci informa Erodoto (Storie, I, 101, 107, 120, 128; VII; 19, 37, 43 e altri passi), erano in origine una tribù, diventata poi casta sacedotale, ed esercitavano anche funzioni divinatorie. In effetti i “magi” dei quali si parla nei Vangeli, non sono magi persiani, ma sacerdoti caldei,-chiamati talvolta in fonti elleniche tarde con il nome di “magusei”-, seguaci della religione sincretica iranico-babilonese che si incentrava soprattutto sulla figura cosmica e salvifica del dio solare Mitra. Questo dio di provenienza indo-iranica. -presente nell'”Avesta” persiana e nei “Veda” indiani (sebbene poi in India abbia perso di importanza a favore degli dei della “Trimurti”)-, nato anch’egli da una vergine in una grotta, per molti aspetti si può accostare al Dioniso degli Orfici e ad Osiride, oltre che a Gesù Cristo.

Rilievo antico che rappresenta Mitra (al centro con il imbo radiato)
Rilievo antico che rappresenta Mitra (al centro con il nimbo radiato). Le due figure che appaiono in piedi ai lati sono Càutes e Cautòpates, che rappresentano rispettivamente l’alba e il tramonto.

Il suo culto, che fu quello principale e più seguito nell’Impero Arsacide (quello costituito dal popolo dei Parti, venuti dall’Asia centrale tra il III e il II secolo a.c.), si diffuse nel Vicino Oriente e poi si espanse sempre più in tutto l’Impero Romano, e anche oltre i suoi confini fino all’estremo nord dell’Europa, facendo concorrenza al cristianesimo. In questa visita dei “Magi” è stata vista una corrispondenza o identificazione tra la figura di Mitra e quella di Gesù Cristo; e nello stesso tempo la testimonianza dell’insegnamento occulto e mistico che essi avrebbero trasmesso a quest’ultimo. In una interpretazione simbolica le figure di questi sapienti e del loro lungo cammino seguendo la msitica “stella” significano la scoperta di Dio seguendo la “stella” interiore della coscienza, attraverso un percorso di conoscenza e di studio, una via filosofica al divino, spalancata dall’amore per l’autentica saggezza. In questo senso, l'”adorazione dei Magi” si contrappone all'”adorazione dei pastori”, i quali ultimi rappresentano i “puri di cuore”, a cui si apre una visione intuitiva e “spontanea” della divinità; ma in vero le due “vie”, più che contrapposte o alternative, si possono riconoscere come complementari.natale-3

Di questi personaggi parlano diversi testi cristiani antichi apocrifi; sebbene nei Vangeli canonici non sia precisato il loro numero, in tali testi essi appaiono sempre in numero di tre, probabilmente a motivo dei tre doni che avevano recato. I nomi loro tradizionalmente attribuiti (Melchiorre, Baldassarre, Gaspare) compaiono per la prima volta nell”Evangelo dell’Infanzia Armeno”, la cui data di composizione è incerta (ma comunque non anteriore alla fine del IV secolo); riguardo a tali nomi, possiamo osservare che Melchiorre, -che è detto re dei Persiani- deriva senza dubbio dall’accadico “melek”=”re” (cfr. ebraico e fenicio “melk”, arabo “malik”; con il medesimo significato), il secondo, Baldassarre, -presentato quale re degli Indiani-, è il babilonese “Bel-shar-usur” (che significa “Bel protegga il re”), nome portato da vari principi babilonesi; del terzo invece, Gaspare. -che sarebbe stato re degli Arabi-, l’etimologia è alquanto incerta. Secondo un altro testo, “Il Libro della Caverna dei Tesori”, risalente al V secolo, i tre magi caldei sarebbero stati: Hormizd, re di Persia, Yazdgard, re di Saba e Peroz, re di Seba.

La "stella di Ishtar".
La “stella di Ishtar”.

In questa narrazione i nomi sono tipicamente persiani ( e portati da diversi sovrani della dinastia dei Sassànidi); i tre re-sacerdoti osservano in Persia la misteriosa stella, al centro della quale scorgono l’immagine di una vergine divina che porta in grembo un fanciullo coronato: in questo racconto abbiamo dunque una vera sintesi tra la tradizione cristiana e quella mitraica. Ma nell’astro che guidò i savi dell’oriente può anche essere ravvisata la “stella di Ishtar”. -cioè il pianeta Venere,- che era uno dei simboli più usati e più caratteristici del mondo babilonese e della sua religiosità. Epifanio di Salamina, -autore ecclesiastico morto nel 403-, ci fa sapere che nella notte tra il 5 e il 6 gennaio (5) in Egitto si celebravano la festa della nascita del dio Helios Aeion (il Sole eterno, ma in una evidente fusione del culto solare con l”Essere eterno” delle concezioni neoplatoniche e gnostiche) dalla vergine Kore e contemporaneamente del dio Nilo, datore di vita e di prosperità (6).

Cristo-Sole Invitto in un mosaico del Iv secolo.
Cristo-Sole Invitto in un mosaico del IV secolo.

La data più antica attestata per la celebrazione della natività di G.C. è il 6 gennaio, ed è quella tuttora mantenuta nelle chiese orientali. Nella cristianità occidentale quest’ultima data divenne la commemorazione dell'”Epifania”, cioè  della manifestazione divina, nella quale si ricorda appunto la visita dei Magi, mentre il “Natale di N.S.” dal secolo IV fu solennizzato il 25 dicembre, giorno nel quale in precedenza era celebrata proprio la nascita di Mitra, -divinità eminentemente solare-, e poi, il DIES NATALIS SOLIS INVICTI, che si sovrappose alla festività precedente, introdotta a Roma dall’imperatore Elagabalo intorno al 220, e resa festa uffficiale dello stato romano nel 274 dall’imperatore Aureliano, il quale, continuando l’opera di alcuni dei suoi predecessori, intendeva contribuire a creare una nuova religone ufficiale sul fondamento della spiritualità solare e neoplatonica. Da quanto si è detto risulta dunque lo stretto legame tra Gesù Cristo, Sole-Mitra e Magi Caldei.

Per quanto riguarda Harran, essa si trova (poichè questa città è tuttora viva e abitata) nella Turchia sud-orientale, ai confini con la Siria, in un territorio attualmente a predominanza curda. Essa, a quel che si sa, viene citata per la prima volta in una delle tavolette di Ebla, dove si parla di una principessa eblaita, una certa Zugalum, che era andata sposa ad un re di Harran. Appartenne poi ai domini di varie popolazioni: Amorrei, Assiri, all’impero hurrrita di Mitanni, a quello ittita di Chatti, infine a quello neo-assiro e fu sede dell’estrema disperata resistenza dell’ultimo sovrano assiro, Assur-uballit, contro gli eserciti di Nabopolassar di Babilonia e di Ciàssare, re dei Medi, che nel 612 avevano occupato la maggior parte dell’Assiria, sino a che non si arrese nel 609 a.C. Da allora seguì le sorti degli imperi che si succedettero nel Vicino Oriente, salvo una parentesi dal 132 a. C. al III secolo durante la quale appartenne al regno si Osroene, governato da una dinastia aramaica, vassalla però alternativamenteo  dei Persiani o dei Romani.

In età ellenistica fu chiamata Kharrai e poi Charrae dai Romani; fu teatro nel 53 a.c. della famosa battaglia nella quale i Romani, al comando di Marco Licinio Crasso, furono sconfitti dai Parti guidati dal generale Surena.

E’ importante sottolineare che entrambe queste città (Ur e Harran) furono notevoli centri del culto del dio lunare Sin; di questo aspetto riparleremo a proposito di Abramo e di quanto ci possa essere di attendibile e di storico nella sua storia.

Infine una precisazione linguistica: anche se nell’800 l’espressione “lingua caldea” fu erroneamente impiegata per designare l’accadico, o addirittura il sùmero, in realtà il “caldeo” è uno dei dialetti del ramo orientale dell’aramaico. Talvolta il termine è usato pure per indicare in senso generico e complessivo l’aramaico orientale, contrapponendolo a quello occidentale, detto “siriaco” ( per l’esattezza, anche in questo caso, il siriaco in senso proprio è quello parlato nella regione di Edessa, nella Siria nord-orientale, e divenuto lingua liturgica delle chiese che seguono il rito siro-occidentale, o antiocheno, -ma ora in gran parte soppiantato dall’arabo-). L’aramaico è la lingua parlata dagli Aramei, altra popolazione semitica occidentale, che si era stabilta nella zona interna della regione siro-palestinese a partire dal X-IX secolo a.c., e che dal nome col quale furono chiamati in seguito dai Greci, e cioè “Siri”,  fu denominata Siria. Essi non costituirono mai uno stato unitario, o comunque delle entità statali di una cospicua estensione, ma soltanto diverse città-stato, tra le quali la più ricca e importante fu Damasco. La loro rilevanza storica è dovuta soprattutto alla lingua: infatti l’idioma da essi impiegato si diffuse largamente in tutto il Vicino Oriente e in Mesopotamia, soppiantando in parte o del tutto le altre lingue parlate in quelle contrade (ebraico, fenicio,accadico, ecc.), divenendo la lingua ufficiale degli imperi neobabilonese e achemenide (nelle sue province sud-occidentali). Rimase la lingua più diffusa anche nei regni ellenistici poichè l’uso del greco, pur essendo questo lingua internazionale e di cultura, fu limitato alle città ellenizzate, o impiegato come seconda lingua, -oltre che nelle istituzioni e nei documenti ufficiali-. Tuttavia nel corso dei secoli l’aramaico si differenziò progressivamente nelle varie zone dove veniva parlato, per cui si ebbero alcuni dialetti, divisi, come abbiamo accennato, in un ramo occidentale e uno orientale. Di questi idiomi alcuni sono tuttora parlati in alcune zone del Libano, della Siria e dell’Iraq.

NOTE

1) il termine “Mitanni” appare in uso soprattuto nei testi egizi; presso gli Assiri questo regno era indicato con il nome “Khanigalbat”; altre denominazioni ricorrenti sono “Hurri” e “Nahirin”.

2) tra queste popolazioni bellicose spicca quella chiamata “Peleset”, -etnonimo divenuto poi “Phlistaei” in greco e in latino-, che si stanziò in una parte della regione a sud della Siria che da essi ricevette poi in età molto più tarda (ellenistica) il nome di “Palaestina” -o più precisamente “Syria Palaestina”-, e che condivisero con i Cananei e gli Ebrei, peraltro in modo tutt’altro che pacifico, specie con questi ultimi, dato che i conflitti tra Filistei ed Ebrei contraddistinsero tutta la prima fase dello stato israelitico.

3) l’UGARITICO, che in passato era stato considerato anch’esso una forma del cananeo, secondo gli studi recenti si ritiene essere con maggior fondamento una lingua distinta, -sebbene sempre nell’ambito delle lingue semitiche occidentali-, che mostra affinità ed influenze dell’amorreo.

4) Seleuco, detto “Nicatore” (= vincitore) (358-281 a.c.) fu uno dei migliori ufficiali e collaboratori di Alessandro Magno, e uno dei “diàdochi” (=successori), che si contesero l’impero conquistato dal grande condottiero. Sàtrapo di Babilonia, aggiunse ai suoi domini la Persia, la Battriana e altre regioni dell’Asia centrale, l’Anatolia orientale e la Siria, fondando la dinastia Seleucide. Dalla fine del III secolo a.c. il vastissimo dominio dei Seleucidi fu progressivamente eroso dall’espansione dei Parti e degli altri stati ellenistici, nonchè dalla nascita di piccoli regni che si erano resi indipendenti (come quelli di Giudea, dell’Iturea e dell’Osroene) fino a ridursi alla sola Siria, finchè non fu annesso dai Romani nel 63 a.C.

5) la data del 5 gennaio del calendario giuliano corrisponde a quella del 17 di Tubah del caendario copto, derivato da quello egizio antico. Come abbiamo già ricordato, nell’età faraonica l’anno era suddiviso in tre stagioni, comprendenti ciascuna 4 mesi, che non avevano un nome particolare; in età tolemaica ai mesi fu attribuito un nome proprio, che poi passò solo lievemente invariato nel calendario copto, che è tuttora usato dai cristiani d’Egitto e d’Etiopia (in Etiopia però i nomi dei mesi sono diversi): ad esempio il primo mese dell’anno, che inizia il 29 o 30 agosto dell’anno gluliano, che era Thot nel periodo tolemaico è divenuto Tut. Per avere la corriispondenza con una data del calendario gregoriano occorre aggiungere circa 11 giorni.

6) alcuni studiosi hanno ipotizzato che la “stella cometa” che guidò i Magi fosse in realtà una congiunzione di pianeti, e in particolare la congiunzione Giove-Saturno che si ebbe nel giugno del 7 a.C. a 21° dei Pesci. Tuttavia le congiunzioni di questi due pianeti non sono certo un evento epocale, dal momento che si verificano a distanza di circa 20 anni l’una dall’altra; per questo, anche volendo aggiungere ai due pianeti superiori anche il pianeta Venere, che si era unito ad essi nel febbraio di quell’anno, -quando peraltro Giove e Saturno erano in congiunzione assai più larga-, è difficile vedere in essa la manifestazione dell’avvento di una nuova era. D’altra parte, le congiunzioni Giove-Saturno non hanno tutte la stessa importanza: infatti esse seguono dei cicli, lunghi poco meno di 200 anni, durante i quali si ripetono nei segni zodiacali di ciascuna delle triplicità in cui i segni stessi sono suddivisi, -cioè di Fuoco, Terra, Aria e Acqua, in quest’ordine- (sebbene con possibili eccezioni, dovute alle irregolarità dei moti apparenti degli astri); si considera la congiunzione che dà inizio a uno di questi cicli dotata di notevole valore fatidico, che si estende ben oltre il periodo ventennale tra due congiunzioni. La congiunzione del 7 a. C. non segnava però l’inizio di un nuovo ciclo, ma al contrario era l’ultima di uno che stava per chiudersi -riguardante i segni d’Acqua-; la prima della nuova fase si sarebbe avuta nel dicembre del 14 d.C. ( a 5° del Sagittario, e dunque in segno di Fuoco). Sul susseguirsi di cicli ed ere, scandite sia da fattori astronomici (come quelle che derivano dalla precessione degli equinozi), sia da elementi simbolici (come i cicli planetari e i “cronocratori” di probabile ascendenza caldea) torneremo in un’altra trattazione .Direi comunque che nella stella dei Magi sia da ravvisare soprattutto un astro simbolico, una guida interiore che conduce alla divinità.

 

 

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