FATTI CURIOSI (L’Arca di Elio Bianco; I “Cavalieri dell’Apocalisse”; Quando avvenne lo sterminio dei Proci?; Katà Leptòn -notizie in breve-)

L’ARCA DI ELIO BIANCO

Un esempio di predizione di “fine della mondo” annuciata e delle misure messe in atto per salvarsi avvenne nel 1960.

Un pediatra italiano, Elio Bianco, noto con il nome “iniziatico” di “Fratello Emman”, affermò di essere in diretto contatto con le potenze celesti, le quali gli avevano comunicato che il nostro pianeta sarebbe stato distrutto esattamente il 14 luglio 1960 da un’arma segreta americana. Non si sa di preciso di che genere di arma segreta si trattasse, se di una bomba atomica di eccezionale potenza, di un raggio laser inceneritore o di qualche altro terribile ordigno. Questo Elio Bianco non lo ha mai rivelato. La sola cosa che aveva dichiarato era che la catastrofe avrebbe risparmiato solo il monte Bianco; per questo insieme a 45 suoi discepoli ed aiutanti, egli costruì un’arca dotata di 15 stanze direttamente sule falde del monte Bianco a circa 2200 metri di altitudine, dove tutti costoro si sarebbero rifugiati per salvarsi dall’imminente cataclisma. Centodieci adepti aderirono all’iniziativa del “profeta” e si recarono per tempo nell’arca della salvezza.

Trascorso il 14 luglio senza che nulla di insolito fosse accaduto, fratello Emman dichiarò con disarmante semplicità di aver sbagliato i suoi calcoli, ma che comunque la fine del mondo era solo rimandata.  Non si sa peraltro se Elio Bianco abbia indicato un’altra data nella quale avrebbe dovuto verificarsi lo straordinario evento. Forse l’errore da lui commesso lo aveva indotto a una maggiore prudenza… E’ possibile che la convinzione di trovare scampo al disastro sul monte Bianco sia nata in lui a causa dell’omonimia con la celebre montagna.

I “CAVALIERI DELL’APOCALISSE”

Nel “Dizionario di erudizione storico ecclesiastica da S. Pietro sino ai giorni nostri”, monumentale opera enciclopedica (in ben 139 volumi) di Gaetano Moroni (Venezia, 1840), a proposito dei sopracitati cavalieri troviamo riportata la seguente voce:

“Con tale nome si appellavano alcuni fanatici uniti in società e scoperti in Roma nell’anno 1694. Il loro capo, Agostino Gabrino, si fece chiamare “Principe del numero settenario” e “Monarca della Santa Trinità”. Costoro asserivano che il loro scopo era unicamente il difendere la Chiesa cattolica contro l’anticristo, il quale -dicevano essi- dopo qualche tempo sarebbesi adorato. Avevano ancora dei principi pregiudizievoli alla indissolubilità del matrimonio. Le loro insegne, che molti portavano sugli abiti e mantelli, erano una sciabola ed un bastone di comando posti a croce, una stella raggiante ed i tre nomi degli angeli Gabriele, Michele e Raffaele. La maggior parte di essi erano artigiani, ed attendevano al lavoro con la spada al fianco. Leggesi che Agostino Gabrino, essendo in chiesa il dì delle Palme, mentre cantavasi l’antifona “Quis est iste rex gloriae?”, colla spada sguainata, rompendo la calca, sia corso in mezzo ai sacri ministri, ed abbia gridato: “Son io, son io questo re della gloria!”. Un tale fanatico fu preso e condotto allo spedale dei pazzi. Poco dopo, un altro individuo di questa società, falegname di condizione, disvelò quanto sapeva intorno la loro condotta e dottrina, e perciò trenta di essi furono arrestati. Gli altri si dispersero da sè soli”.

Presso altre fonti, l’anno nel quale accaddero gli avvenimenti suddetti è riportato come il 1693,- anzichè il 1694-, e si aggiunge che il Gabrino fosse figlio di un mercante di Brescia e che avesse l’intenzione di introdurre la poligamia (e a questo forse allude il Moroni affermando che avessero “principi pregiudizievoli all’indissolubilità del matrimonio”). Su questa strana setta non mi è stato possibile reperire altre notizie più precise in merito alle dottrine in essa professate. Da quel poco che è dato sapere, sembrerebbe che i suoi membri unissero aspirazioni mistiche vagamente panteistiche e inquietudini visionarie ed escatologiche con propositi di rinnovamento e palingenesi della società. A giudicare anche dai loro simboli si potrebbe pensare che fossero in qualche modo dei precursori della Massoneria, sebbene quest’ultima, pur nata come società organizzata nel XVIII secolo, rivendichi le sue origini fin dai tempi di Salomone e del re Hiram di Tiro.

QUANDO AVVENNE LO STERMINIO DEI “PROCI”?

Secondo due scienziati argentini, il matematico Marcelo Magnasco, della Rockfeller University di New York, e l’astronomo Costantino Baikuozis dell’Università de La Plata, la date esatta dello sterminio dei Proci (i “pretendenti” alla mano di Penelope, creduta ormai vedova, e al trono di Itaca) per mano di Ulisse, narrato nel libro XXII dell’Odissea è il 16 aprile del 1178 a. C.

Questa conclusione è stata accreditata anche dall’autorevole Accademia Nazionale delle Scienze americana, che ha pubblicato lo studio dei due ricercatori sulla propria rivista ed ha convinto uno dei più illustri studiosi delle opere omeriche, Scott Huley, il quale l’ha definita persuasiva e ha dichiarato: “Stando ai più recenti e attendibili studi , Troia cadde tra il 1192 e il 1184 a. C.. Nella narrazione dell’Odissea, Ulisse impiegò dieci anni per ritornare a Itaca, dopo essere stato trattenuto per sette anni dalla ninfa Calypso nell’isola di Ogigia e da Poseidone per tre. Non soltanto la data della strage è attendibile: è un altro indizio che l’Odissea si fonda su eventi reali”.

Come è noto, giunto a Itaca sotto mentite spoglie, Ulisse trova il suo palazzo occupato dai 109 Proci che dilapidano le sue ricchezze e fanno pressioni sempre più insistenti su Penelope affinché si unisca in matrimonio con uno di essi. Ispirata dalla dea Atena, la protettrice di Ulisse, Penelope indice una gara di tiro con l’arco il vincitore della quale otterrà la sua mano e la signoria di Itaca. Invano un profeta, Teoclimeno, li ammonisce che essi moriranno poiché in una sua visione profetica il Sole è sparito dal cielo e sulla terra è discesa una fitta tenebra: essi però non credono alle parole del veggente e anzi lo deridono, andando così incontro alla loro rovina.

L'uccisone dei Proci raffigurata su un cratere campano del 330 a. C. circa conservato al museo del Louvre.
L’uccisone dei Proci raffigurata su un cratere campano del 330 a. C. circa conservato al museo del Louvre.

Ulisse vince la gara ed elimina i Proci e le ancelle loro amanti. Secondo l’interpretazione data da Plutarco la visione di Teoclimeno è il preannuncio di un’eclisse totale di Sole. La tesi dello scrittore e filosofo greco ha stimolato i due scienziati argentini a compiere una ricerca per ricostruire quando esattamente Ulisse mise in atto la sua vendetta. Essi hanno esaminato tutti i dati astronomici di poco antecedenti il 1000 a. C. di cui si abbia conoscenza mettendoli a confronto con quanto è narrato da Omero.

Quest’ultimo racconta che Hermes (Mercurio) passò per due volte nel cielo 33 giorni prima della fatale tenzone; 4 giorni più tardi divennero ben visibili le Pleiadi; e a 6 giorni della strage comparve anche Venere. Prima che la vendetta avesse luogo si verificò la Luna Piena, che è indispensabile perché si abbia un’eclissi totale, sia di Luna sia di Sole. Analizzando questa sequenza di eventi al computer, gli scienziati sono giunti alla conclusione che l’eclissi, e quindi lo sterminio dei Proci, avvennero il 16 aprile del 1178 a. C. “Non abbiamo riscontrato altre possibilità – ha dichiarato Baikuozis-, sebbene siano trascorsi oltre tremila anni, siamo convinti di aver risolto uno dei grandi misteri della storia.”

“KATA LEPTO’N”  (notizie in breve)

1) Dopo lunghi anni di studio, il professor Teruo Miyanishi, antropologo e psichiatra di fama mondiale, giunse alla conclusione che il popolo Maya si estinse a causa del continuo uso di funghi allucinogeni da parte della sua classe dirigente. L’abuso di tale preatica a fini mistico-religiosi determinò lo sfaldamento della struttura socio-politica che avevano costruito nei secoli precedenti. Questa tesi è stata sostenuta dall’illustre ricercatore in molti dei suoi studi e in diversi libri, tra i quali “La Cosmologia Maya” e “Le cultura antiche e gli allucinogeni”.

2) Nel 1342 ad Avignone, per celebrare degnamente l’elezione a papa di Pierre Roger de Beaufort con il nome di Clemente VI, fu organizzato un banchetto luculliano, al termine del quale fu servita una gigantesca torta preparata con quasi 40 000 uova.

3) Alla morte di Dante Alighieri risultarono introvabili gli ultimi canti del “Paradiso”. Per ben otto mesi Jacopo e Pietro, i figli che Dante aveva avuto dalla legittima consorte Gemma Donati, cercarono in ogni luogo senza riuscire a trovare gli scritti mancanti. Una notte il sommo poeta apparve in sogno a Jacopo e gli svelò il nascondiglio ove essi giacevano. Il giorno dopo i due figli trovarono, esattamente nel punto indicato, i 13 canti conclusivi della “Divina Commedia”.

4) Il cardinale italiano Gennaro Granito Pignatelli di Belmonte (1851-1948), decano del Sacro Collegio cardinalizio, aveva fama di essere un grandissimo iettatore. Si dice che il papa, quando lo doveva ricevere, cercasse di abbreviare il più possibile l’udienza, durante la quale non mancava di impugnare un tagliacarte d’argento onde neutralizzarne il preteso influsso malefico. A giudicare dalla venerenda età a cui giunse, e come di solito accade ai presunti iettatori, l’influenza negativa non lo riguardava affatto, anzi sembra fosse prediletto dalla sorte.

5) Stanilsao Kostka, santo della Chiesa cattolica, era un giovane polacco, novizio dei gesuiti, morto a 17 anni nel 1568, canonizzato da Benedetto XIII (Pierfrancesco Orsini) nel 1726. La sua sepoltura si trova a Roma nella chiesa di S. Andrea al Quirinale. Nel “Dizionario delle reliquie e delle immagini miracolose” di J.A.S. Collin de Plancy (pubblicato nel 1826) si legge che a Roma e in alcune chiese della Polonia veniva distribuito del vino nel quale era stato immerso un dente del santo e tutti i malati che ne bevevano erano tosto sanati dai loro morbi.

6) Il 27 dicembre 1963 nella moschea di Hazratbul, nel Kashmir, fu trafugato un capello ritenuto essere stato di Maometto custodito entro una teca di vetro. Il furto sacrilego provocò violenti tumulti popolari, nel corso dei quali trovarono la morte due agenti di polizia. La preziosa reliquia fu poi ritrovata il 10 febbraio 1964.

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